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Cannabis light: da droga a monopolio di Stato, la giravolta di FdI | Il Fatto Quotidiano

Da droga a monopolio di Stato: Fratelli d’Italia ingrana la retromarcia sulla cannabis light. Dopo il bando imposto dal decreto sicurezza, con aziende della canapa colpite da sequestri e imprenditori a rischio galera, il partito di Giorgia Meloni vorrebbe affidare le infiorescenze all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, come le sigarette. Lo propone un emendamento alla Manovra firmato dal meloniano Matteo Gelmetti. Chissà cosa ne pensa il sottosegretario di palazzo Chigi Alfredo Mantovano, braccio destro della premier, primo sponsor del divieto per la cannabis light. Solo il 25 luglio aveva dichiarato: ”I produttori di canapa (…) non possono vendere droga nei supermercati o nei negozi come se si vendessero caramelle”. Invece la “droga” sarà venduta eccome, come monopolio di Stato negli odiati (dalle destre) cannabis shop, qualora andasse in porto la proposta del Fratello d’Italia Gelmetti. Gli indizi sono positivi: l’emendamento alla legge di Bilancio ha già superato il primo vaglio di palazzo Chigi. Una sterzata talmente vistosa da rasentare la “schizofrenia” politica. Per anni la destra ha urlato un’equazione sballata, Salvini in testa: cannabis light uguale droga. E ora l’inversione a “U”.

L’emendamento di Fratelli d’Italia, i dubbi: “cannabis light regalata alle multinazionali straniere”

La proposta del senatore meloniano affida la distribuzione del fiore della canapa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli. La light – classificata come prodotto da fumo – potrà essere venduta, con una supertassa del 40 per cento sui marchi di produzione, solo da tabaccai e negozi specializzati. Ovvero i cannabis shop: per essere autorizzati devono solo garantire la prevalenza dei prodotti con quel livello di tassazione. L’emendamento inoltre vieta la pubblicità e la vendita a distanza.

Le associazioni della canapa sono ben liete dell’iniziativa: dopo anni spesi dalla destra a criminalizzare il settore, si volta pagina. Tuttavia auspicano correzioni all’emendamento. Così com’è, la proposta Gelmetti rischia di regalare la cannabis light alle multinazionali estere mettendo in ginocchio le piccole e medie imprese italiane. Doppio smacco per Fratelli d’Italia: il business della “droga” (copyright di Alfredo Mantovano) ceduto allo straniero. “E’ successo la stessa cosa con il tabacco e le sigarette”, dice al fattoquotidiano.it Raffaele Desiante, della sigla Imprenditori canapa Italia. “La tassazione al 40 per cento è sostenibile solo dai colossi, gli unici a poter lavorare in perdita, è accaduto lo stesso con le sigarette”, ammonisce l’addetto ai lavori. Che predilige l’altro modello, quello dei liquidi per le sigarette elettroniche: in tal caso l’accisa è in valore assoluto, non una quota percentuale sull’unità di prodotto. Risultato? “Sono fiorite tante piccole aziende italiane nel mercato e-cig, non c’è Big Tobacco a divorare i pesci piccoli”.

Regolamentare o vietare? Il bivio del governo con la Corte Costituzionale all’orizzonte

Desiante accoglie positivamente l’emendamento, ma non sono chiare le chance di sopravvivenza. Nei prossimi giorni il governo esprimerà i pareri sulle modifiche alla Manovra e allora si scoprirà il destino della cannabis light. Gelmetti ha già ingranato la retromarcia su un altro emendamento alla legge di Bilancio, per proporre un giro di vite sul diritto di sciopero: proposta ritirata. Il bis sulla canapa è plausibile, ma non è detta l’ultima parola. Le aziende sperano nel ravvedimento del governo, mentre il bando il fiore al fiore rischia di essere spazzato via dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Giustizia europea. Alla Consulta si è rivolta un giudice di Brindisi, per un sequestro di cannabis light a danno di un’azienda. Alla Corte di Lussembergo si è appellato il Consiglio di Stato. Una doppia minaccia pende sul decreto sicurezza, bandiera del governo Meloni: abbastanza da indurre palazzo Chigi sulla via della regolamentazione della canapa, abbandonando il divieto e l’equivalenza con le sostanze stupefacenti. Un principio sovente rifiutato anche dai magistrati, con sequestri di canapa annullati e indagini archiviate. Malgrado le critiche alla supertassa del 40 per cento, Raffaele Desiante promuove il principio alla base dell’emendamento: “Il percorso è ancora lungo, ma sarebbe una buona notizia se Fratelli d’Italia abbracciasse l’dea di regolamentare la cannabis light, invece di vietarla”. In attesa della diagnosi sul partito della premier: schizofrenia, senatore cane sciolto, o ravvedimento operoso sulla canapa?


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