Società

Smartphone, auricolari e caricabatterie: ecco dove buttare i rifiuti elettronici (che l’Italia non sa smaltire)

Siamo letteralmente sommersi dalla tecnologia, la portiamo con noi, la usiamo in casa e fuori e ce ne sbarazziamo quando non ci serve più. Piccoli e grandi che siano, i nostri device elettronici e i piccoli elettrodomestici finiscono il più delle volte in pattumiera. Non è un modo di dire purtroppo. Lo smaltimento corretto dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) è diventato un imperativo ambientale e sociale, eppure questi rifiuti, anche quelli voluminosi come i grandi elettrodomestici, spessissimo non vengono smaltiti nella giusta maniera. Un grande peccato, perché un corretto smaltimento non solo attenua i danni ambientali, ma permette anche il recupero di materie prime preziose, riducendo la necessità di nuove estrazioni e contribuendo ad un modello di economia circolare.

Gli obiettivi imposti dalla UE

L’Unione Europea ha fissato obiettivi ambiziosi per la raccolta e il riciclaggio dei Raee, mirando a un tasso di raccolta del 65% del peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nei tre anni precedenti. Purtroppo, l’Italia che è virtuosa per il riciclo dei rifiuti, sui Raee si trova ben al di sotto di questa soglia. Secondo gli ultimi dati disponibili, il nostro paese ha raggiunto un tasso di raccolta di circa il 39% (350mila tonnellate di Raee domestici contro le 780mila dell’obiettivo), significativamente inferiore all’obiettivo europeo e alla media di molti altri stati membri.

Una performance decisamente insufficiente, che ha attirato l’attenzione critica delle istituzioni europee. Quest’estate la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione, sottolineando l’urgenza di implementare misure più efficaci per incrementare la raccolta e il riciclaggio dei Raee. La «bacchettata» dell’Europa non è solo un richiamo formale, ma un segnale dell’importanza che questi obiettivi rivestono nella strategia ambientale comunitaria. Eppure, siamo a un paradosso, secondo Erion Weee, il Consorzio senza scopo di lucro che gestisce oltre due terzi del totale dei Raee intercettati dal sistema «formale» italiano: «Da una parte la Commissione Europea ha messo in mora il Paese per non aver raggiunto i risultati previsti nella raccolta dei Raee, mentre dall’altra in Parlamento, alla commissione Attività produttive di Montecitorio, sono stati ritirati due emendamenti che sarebbero stati utili a recuperare il gap accumulato finora», ha detto Giorgio Arienti, direttore Generale di Erion Weee.

I motivi: scarsa consapevolezza e normativa inadeguata

Le ragioni di questo ritardo sono molteplici. Innanzitutto, persiste una scarsa consapevolezza tra i consumatori sull’importanza di smaltire correttamente i dispositivi elettronici. Molti italiani non sono pienamente informati sulle modalità di smaltimento o sui punti di raccolta disponibili. Ben 4 italiani su 10 – secondo una ricerca realizzata da Ipsos per Erion Weee – non conoscono il significato dell’acronimo Raee e 5 su 10 non conoscono l’esistenza del servizio di ritiro «uno contro zero», portando alla conseguenza che i piccoli Raee restano nei cassetti delle nostre case oppure vengono buttati nella spazzatura indifferenziata o consegnati ad un robivecchi o sedicente smaltitore qualsiasi, facendo così perdere le tracce della “miniera urbana” che hanno in casa.

La frammentazione del sistema di raccolta, con differenze significative tra regioni e comuni, complica ulteriormente il quadro. Sempre secondo il consorzio l’attuale normativa italiana in materia di Raee prevede che le attività di raccolta siano effettuate dagli enti locali e dai negozianti, che però non sono obbligati a consegnare quanto raccolto ai consorzi istituiti dai produttori. Un problema che favorisce pratiche illegali di smaltimento che sottraggono una quota significativa di rifiuti dal circuito ufficiale di raccolta e riciclaggio. Una recente inchiesta di Altroconsumo «Rifiuti elettronici: dove finiscono davvero?», ha dimostrando che su 264 Raee mappati verso lo smaltimento, solo il 66% approdava in impianti accreditati.

Il video dell’inchiesta di Altroconsumo «Rifiuti elettronici: dove finiscono davvero?».

Riconoscere e smaltire i Raee in maniera corretta

Le apparecchiature elettriche ed elettroniche a uso domestico e professionale sono indicate con il termine di Aee, un acronimo che comprende tutti quei dispositivi che per funzionare richiedono un collegamento alla rete elettrica o a delle batterie. Quando questi apparecchi non possono più essere utilizzati, per obsolescenza o perché ormai non più funzionanti, vengono indicati con il termine di Raee- Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, e vengono distinti in 5 tipologie:

  • R1: ovvero grandi elettrodomestici, come frigoriferi e congelatori;
  • R2: i cosiddetti grandi bianchi, vale a dire dispositivi come forni o lavatrici;
  • R3: tv e monitor;
  • R4: che comprende l’elettronica di consumo, come per esempio telefoni e computer;
  • R5: sorgenti luminose (lampadine)

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