«Dormo a scuola perché la notte resto sveglia, ho paura che mio padre uccida la mamma. Sento il rumore dei coltelli e dei suoi passi»
Si chiama violenza assistita e in Italia sono migliaia i minori che la subiscono. Nel 2023 almeno cinquemila (dati Save The Children). Parte da qui la storia di una ragazza, Silvia (nome di fantasia), di tredici anni di Torino: nei mesi scorsi mentre era a scuola si è poggiata con la testa sul banco senza avere più energia per fare niente, con le gambe bloccate. In ospedale hanno detto che stava bene ma solo quando la sua insegnante a cercato di parlarle portandola nella stanza di psicologia scolastica, la studentessa ha iniziato a parlare.
«Sono svenuta perché ho tante cose nella testa. Tante preoccupazioni. Di notte non riesco a dormire», si legge nel racconto pubblicato dal quotidiano La Stampa. «Ho le allucinazioni. Ogni sera succede la stessa cosa. Mio padre racconta come ucciderà mia mamma. In quale modo potrebbe tagliarle la gola. Lo sento. Verso mezzanotte gira per casa con dei coltelli in mano. Sento i rumori dei suoi passi. Va in cucina, poi in soggiorno, in camera mia e nella sua. E, non so come spiegarlo, fa sentire il rumore di questi coltelli e dei suoi passi».
Lo stesso racconto, Silvia lo ha fatto davanti alle forze dell’ordine denunciando la violenza subita dalla madre. «Sento il rumore dei coltelli e dei passi di mio padre. L’ho visto prendere per il collo mamma e tirarle un calcio. Mi sono messa in mezzo se no l’avrebbe uccisa. Quella mattina a scuola stavo davvero tanto male. Mi hanno dato un tè con lo zucchero. Pensavano che fosse la pressione bassa. Ma non era quello. Non riuscivo ad alzarmi. Ho ripensato alla sera prima. A mio padre coi coltelli che cerca la mamma per ammazzarla mentre dorme. Succedeva sempre. È già da un po’ che mio padre insulta mamma. Ha iniziato con le parolacce. Poi con un modo, come dire, più aggressivo di parlare. Dopo sono arrivate le minacce, anche quelle di morte. E le botte. Adesso so che non riesco a dormire di notte per la paura che succeda qualcosa a mamma. Perché lui dice che la ammazzerà mentre è nel sonno. E ho questa pressione. Mi risveglio molte volte la notte, con l’ansia forte. Sono sempre stata zitta, finora. A scuola andavo e facevo come se niente fosse. Ma si vedeva, credo, che in me c’era qualcosa che non andava. Lui ha continuato così per settimane. Anzi. Per otto mesi».
Le parole di Silvia sono diventate la testimonianza centrale che ha portato all’arresto di suo padre e alla condanna a due anni, in tempo record, con la condizione legata all’obbligo di frequentare per un anno un centro per uomini violenti. Se non si presenta, torna in carcere. «Lui se n’era andato in Polonia e ci era rimasto tanti anni», ha dichiarato la madre, secondo quanto riferito da La Stampa. «Aveva aperto un ristorante. Quando è fallito è tornato. Ed è diventato violento. Geloso in maniera ossessiva. Mi ha messo le mani addosso davanti alle bambine. Ha cercato di strozzarmi. Ha messo nel mio cellulare un’applicazione per controllare i miei spostamenti. Leggeva chi mi chiamava, chi mi scriveva. Quando ho deciso di separarmi, mi ha detto che mi avrebbe uccisa: lo diceva anche prima. Ma questa volta era più convinto. Ho chiesto aiuto. Ci hanno messe in un luogo protetto. Lui mi ha seguita per giorni, anche dove facevo il corso di formazione. Sono tornata a denunciarlo».
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