Cultura

Infiltrating Roku City: Sogni lucidi, vaporwave e Idm :: Le Recensioni di OndaRock

Chi mastica anche solo un po’ di ambient-dub contemporanea, quella più relegata all’Idm che non ai fumi di Jah, sa bene che Pontiac Streator e Ben Bondy sono tra gli alferi più acclamati: capostipiti della new wave elettronica degli anni Venti, i due alchimisti vantano un catalogo di illusioni notturne, sostanze sintetiche traslate in sintetizzatori subacquei, escursioni allucinatorie dove stati meditativi profondi si intrecciano a becere fattanze, in cui le sensazioni tattili si confondono con esperienze multisensoriali. E come se non bastasse, i due hanno ben pensato di intrecciare i loro misticismi nel progetto Shinetiac, trio completato da Shiner, entità ancora avvolta nel mistero.

“Infiltrating Roku City” è una nostalgia del futuro cristallizzata in fluidi codici ambient-dub d’estrazione urbana, dove l’eredità vaporwave viene fatta a pezzi secondo logiche Idm-downtempo, sussurri femminili e manipolazioni di accordi fluttuanti (“Whatever With Frutto”), pianoforti glitchati sommersi da rifiuti sonori e ceneri digitali, in un magma che affonda tra frammenti canori martoriati dall’autotune e nenie disperse nell’etere (“I Hate Being Sober”).
Pubblicato da West Mineral Ltd., creatura di Huerco S. il cui catalogo possiede un’aura letargica da vangelo dissolto, dove i geroglifici prendono forma come in un trip sotto acidi caricato su penne Usb, “Infiltrating Roku City” è il secondo capitolo del trio. Un lavoro che si nutre tanto dei percorsi individuali dei suoi membri quanto di personalità come Ecco2k e Bladee, ma schiacciate da iniezioni dreampunk di matrice Chuck Person (“Crisis Angel (Spotify Version)”).

Immaginate un incontro tra la nostalgia violacea di Macintosh Plus e una dose massiccia di anestetici sintetizzati da questi tre loschi individui, un sodalizio lanciato in orbita su una prospettiva interstellare fatta di Idm-breakcore e ritmi nebulosi, supersonici eppure dilatati (“Purelink”). Il risultato è un caos illuminante.
Tuttavia, l’impressione è che le personalità di questi stregoni del Ventunesimo secolo siano troppo forti per fondersi in un’entità realmente coesa. Le loro carriere soliste sanno essere di una finezza estatica (“Triz” di Pontiac Streator è forse una delle vette di questi anni), ma la fusione delle tre menti fatica ancora a trovare una forma altrettanto folgorante. Disperso tra voci bioniche, mantra celestiali ed echi infiniti, rimane un viaggio che affascina e incuriosisce. E questo è, senza troppi dubbi, già un buon traguardo.

27/04/2025




Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »