Basilicata

Crotone, intervista al chitarrista Stricagnoli dopo il concerto-trionfo nella sua città

«Finalmente ce l’ho fatta, ho suonato in tutto il mondo ma mi mancava suonare a Crotone», intervista al chitarrista Stricagnoli


CROTONE – «Finalmente ce l’abbiamo fatta». Per la prima volta il chitarrista Luca Stricagnoli, grande virtuoso del fingerstyle che ha calcato i palcoscenici di tutto il mondo, si è esibito nella sua Crotone, ultima tappa del suo tour in Italia. Ed è stato un successo. Il teatro Scaramuzza strapieno si è spellato le mani in standing ovation per la sua spettacolare performance, durante la quale usa anche una chitarra a tre manici da lui brevettata. Soltanto pochi giorni prima aveva suonato in un tempio della musica come il Blue Note di Milano.

I suoi video hanno superato 100 milioni di visualizzazioni. All’attivo ha sei dischi ed è in programma un settimo. I suoi brani su Spotify sono seguiti da oltre 50mila persone al mese. Ma non aveva mai suonato a Crotone. Nato a Varese, le sue origini sono nel quartiere Papanice, dove da ragazzino tornava ogni anno con la famiglia per le ferie estive. Rientrato per Pasqua a Crotone, dopo essersi goduto l’abbraccio della sua gente il lunedì di Pasquetta è già in partenza per gli Usa, dove riprenderà il suo tour mondiale da one man band che proseguirà poi in Cina, Giappone e Corea del Sud. “High voltage solo tour 2025” va avanti senza sosta da mesi.

Come è stato suonare nella sua città per la prima volta, per lei che sta avendo successo praticamente ovunque nel mondo?

«Finalmente ce l’abbiamo fatta. Ci lavoravamo da tempo col Comune e ci siamo riusciti, dopo tanti anni. Ed è stato davvero bello. Ho avuto la fortuna di farmi strada sviluppando una mia tecnica. La cosa è andata bene ed ho avuto successo. Sono sempre in giro per il mondo col mio tour. Ma suonare a casa è diverso. Il commento più ricorrente alla fine del concerto di Crotone era che molti non si aspettavano una cosa del genere. Un conto è vedere il video su Youtube. Altro è seguire un concerto dal vivo. Ovviamente la cosa mi fa grande piacere, perché le sensazioni che si trasmettono dal vivo sono un’altra cosa».

Lei ripropone, con la sua tecnica molto particolare, brani popolari. Ma a Crotone ha suonato anche pezzi inediti, alcuni non ancora registrati…

«Mi piace suonare brani inediti durante i concerti perché la gente non se lo aspetta. A Crotone ne ho proposto tre, Somewhere, Showman e Stars. I dischi li vendo ai concerti anche prima che escano. Di solito riarrangio a modo mio brani scritti per una band. E non pubblico su Internet brani originali. Dal vivo mi piace cambiare. Pian piano si sta diffondendo il gusto per il fingerstyle. Quando la gente pensa ad un concerto solo per chitarra immagina che sia una cosa seriosa, impostata. Il mio stile è più rock. Lo spettacolo è interattivo, perché spiego le cose che faccio. La mia missione è rendere questo stile sempre più popolare».

Lei non usa un nome d’arte. Tiene molto alle sue origini. Torna spesso a Papanice?

«Sono nato al Nord, a Varese, ma mio padre Salvatore, finanziere, mi portava a Papanice d’estate per le ferie. Ci torno ancora ogni tanto. Gli Stricagnoli sono solo di Papanice. Questo nome è difficile da pronunciare all’estero. Ma ho deciso di non creare un nome d’arte perché sono fiero delle origini calabresi. Il nome lo impareranno, ho pensato. Oggi lo storpiano in ogni angolo del mondo».

Lei suona la chitarra come se fosse un’orchestra. Crea le linee del basso, utilizza il manico e la cassa in maniera percussiva. Suonare da one mand band è faticoso?

«Molti pensano che mi faccia male, che provi una sorta di dolore, visto che picchio e sbatto quando suono. In realtà è fare concerti tutti i giorni che è faticoso. Stare in tour, fusi orari compresi, è come essere in un frullatore. Ma non è un problema. Non è come fare il muratore. Non mi posso lamentare».

A quali chitarristi si ispira?

«Ho iniziato con la chitarra classica. Mi piaceva molto, poi ho smesso di suonare per tre anni per fare judo. Ho scoperto il finger style grazie a Andy Mc Kee. Mi sono ispirato anche a Michael Edges. Ma poi ho sviluppato uno stile mio».

Tra i chitarristi non finger style quali ama di più?

«Potrei fare una lista di almeno 50 chitarristi elettrici che amo e non basterebbe. Ce ne sono tanti. Uno che mi piace perché ha gusto negli assoli è Slash. Ma amo moltissimo anche Steve Ray Vaughan e John Mayer. E tantissimi altri».

I puristi storcono il naso per il suo stile? C’è anche chi la accusa di poca originalità nel riproporre brani di successo? O l’originalità sta proprio nei suoi arrangiamenti?

«Alcuni storcono il naso. Ma nel mondo della chitarra classica quello che fanno alcuni grandi artisti non è altro che reinterpretare pari pari brani scritti per chitarra. Quello che faccio io è rifare a modo mio brani musicali già noti. Li faccio in modo talmente personale che creo strumenti nuovi per poterli eseguire. Così ho creato la chitarra a tre manici. Una mia invenzione, ma mi ha aiutato molto un grande liutaio come Davide Serracini. Abbiamo creato anche altri strumenti unici al mondo. Spesso con gli arrangiamenti si può esprimere più originalità che nel suonare i brani nella solita maniera. A volte c’è più originalità nelle cover che nei brani originali».

La segue un pubblico di appassionati? Ai suoi concerti ci sono più giovani che anziani?

«Il pubblico è estremamente vario. Cambia di Paese in Paese. C’è chi viene perché incuriosito dal poster con la chitarra a tre manici. Ci sono ragazzini e ci sono i vecchietti. Gran parte del pubblico è composta comunque da gente che mi conosce grazie a You Tube. Sono chitarristi dilettanti, amatori dello strumento».

Sembra divertirsi molto quando suona…

«Vero. Mi diverto molto. Era il mio sogno quello di suonare da solo facendo concerti in tutto il mondo. Mi piace così tanto che non mi limito a suonare davanti al pubblico. Amo incontrare la gente dopo che è finito lo show. Mi fermo a chiacchierare. Il contatto umano mi dà energia in una maniera incredibile».

Ha in programma corsi o tutorial per chi voglia apprendere la sua tecnica?

«In questa fase sono talmente impegnato che non ho avuto tempo per insegnare. Ma ho in programma di creare tutorial in cui spiegherò quello che faccio e come lo faccio. Mi piacerebbe molto contribuire a diffondere questo modo di suonare. In alcuni Paesi vendo miei spartiti e tablature. Vorrei fare al più presto dei corsi in video».


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