Cultura

la necessità di accettarsi come siamo. Intervista esclusiva a Tony Goldwyn

Arriva al cinema il 24 aprile In viaggio con mio figlio, un bel road movie sulla diversità con un cast di grandi attori. Ne abbiamo parlato direttamente col regista Tony Goldwyn.

Al cinema dal 24 aprile, In viaggio con mio figlio è un family movie tragicomico, che si trasforma strada facendo in un road movie e racconta con molta sensibilità e umorismo la storia di un ragazzo autistico, Ezra, figlio di due genitori separati che hanno idee diverse su come farlo stare meglio e inserirlo, nonostante i suoi problemi, in un percorso “normale”. Max (Bobby Cannavale), uno stand-up comedian in crisi alla ricerca del successo, con un rapporto non risolto col padre (Robert De Niro), si rifiuta di trattare il figlio come un diverso, mentre Jenna (Rose Byrne), è una madre amorevole che ha un nuovo compagno (Tony Goldwyn) e a differenza dell’ex tende a fidarsi dei medici che le consigliano di inserire Ezra in una comunità per ragazzi con vari tipi di disabilità. Dal conflitto che si crea attorno alle decisioni da prendere e alla ribellione di Ezra nasce un film classico nella confezione, sempre autentico e sincero, divertente e commovente, mai retorico e ricattatorio, interpretato alla perfezione da un cast che comprende anche Whoopy Goldberg, Vera Farmiga, Rainn Wilson e in un cammeo Jimmy Kimmel, diretti da un collega come il regista e attore Tony Goldwyn. Molti lo ricorderanno nella sua perfomance di culto nel ruolo del cattivo di Ghost e lo hanno seguito in una carriera che lo vede adesso protagonista della celebre serie Law & Order: il suo è un curriculum di tutto rispetto sia davanti che dietro la macchina da presa. Pur appartenendo alla cosiddetta “Hollywood Royalty”, visto che suo nonno era nientemeno che Samuel Goldwyn, uno dei fondatori della MGM e quindi di Hollywood tout court, ha costruito la sua carriera senza farsi condizionare dalla famiglia né approfittando del suo nome. Ed è davvero una bella persona, come abbiamo avuto modo di constatare intervistandolo in remoto in occasione dell’uscita italiana di In viaggio con mio figlio, di cui ci ha raccontato la genesi e gli intenti.

Se In viaggio con mio figlio ha il sapore della verità è perché nasce da una situazione analoga vissuta dallo sceneggiatore Tony Spiridakis col figlio. Questo ha motivato ancora di più il lavoro di Goldwyn, come ci ha detto: La cosa più importante per me era onorare la storia del mio amico e della sua famiglia che ha ispirato la storia di Max, Ezra e Stan. Cercando di fare questo, di raccontare la storia del mio amico Tony in modo onesto e sincero, che per lui fosse significativo e che trovasse vero, ho imparato parecchio sulla comunità neuro divergente e ho sentito la fortissima responsabilità di renderle giustizia. Questa è diventata una cosa molto importante per me, forse anche più di quanto lo fosse all’inizio, perché sono arrivato a provare un grande rispetto per quella comunità e ho imparato in prima persona sull’autismo e sulle neuro divergenze parecchie cose che non conoscevo. La mia consapevolezza si è arricchita parecchio raccontando questa storia.

Il film esplora molto bene la sofferenza e le difficoltà che incontrano i genitori nel gestire un ragazzo come Ezra, una situazione che pur riguardando l’autismo diventa universale, nel modo in cui è raccontata. L’autismo e la neuro divergenza in questo film sono quasi una metafora per i problemi che ogni genitori ha, che anche noi abbiamo nel nostro rapporto con la società e con quello che ci si aspetta da noi, con le norme a cui dovremmo adeguarci, il sistema in cui dovremmo affermarci. Penso penso che nel film Max, il nonno e la madre soffrano molto per il loro desiderio che Ezra si adatti e cresca bene nel nostro sistema e credo che alla fine tutti si rendano conto, vedendo e accettando Ezra per quello che è e se stessi per quello che sono, che tutta questa sofferenza non era necessaria. Se vedessimo noi stessi e gli altri per come siamo, a che punto ci troviamo e di cosa abbiamo bisogno, allora potremmo iniziare a farcela alla nostra maniera e se permettiamo ai nostri figli di essere se stessi e cerchiamo di capire cosa significa questo, allora abbiamo la possibilità di aiutarli davvero. Perché Ezra nel film alla fine non fa che confermare che sta bene. Quando fa esperienza nella fattoria, fa amicizia con quella bella ragazza, Ruby, e può essere se stesso, è come una rockstar. E’ un ragazzo particolare e coraggioso, ma quando cercano di costringerlo nella scuola che chiamiamo normale ha delle difficoltà, si ribella e non sta bene ma se gli si permette di usare la sua forza è davvero sorprendente. E penso che questo valga per tutti noi.

Il film parla della diversità come di qualcosa da accettare e che può arricchire tutti. Come si porta avanti un messaggio del genere con un mondo che invece colpevolizza i più deboli? Come si resiste a questo folle modo di pensare? Resistiamo a questo modo di pensare raccontando storie del genere. Quello che succede adesso nel mondo è molto strano per me, questa reazione negativa all’apertura e alla diversità, il tentativo di riversare la colpa dell’autismo sui vaccini, senza alcuna base scientifica e solo perché fanno leva sulle paure della gente. Per questo penso che la narrazione di storie sia uno strumento molto potente per contrastare il pensiero dettato dalla paura. La nostra società è come un pendolo che continua ad oscillare avanti e indietro tra conservatorismo e progressismo, tolleranza e intolleranza. Con la gente al potere che colpevolizza gli altri perché diversi o perché crede in cose diverse. Penso che il potere delle storie sia quello di dire “no, siamo tutti sulla stessa barca, abbiamo tutti gli stessi problemi, vogliamo tutti che i nostri figli stiano bene, siamo tutti diversi, ma abbiamo tutti dei problemi”. Credo che quando vediamo delle storie su delle persone che pensano o si comportano in modo diverso da noi, la nostra compassione e la nostra empatia crescano e che questa sia la cosa importante che ci salverà.

Una delle cose che colpisce nel film e fa arrivare ancora meglio il messaggio è l’uso dell’ironia e dell’autoironia, anche nei momenti più drammatici. L’ironia è molto importante. Tony Spiridakis, ha scritto la sceneggiatura quando stava passando dei momenti molto difficili con suo figlio Dimitri, non riuscivano a capire come comunicare con lui e Dimitri si comportava male e a volte faceva davvero paura, mi diceva che l’umorismo era sempre la soluzione Dimitri era molto divertente e quando le cose erano molto tese in famiglia all’improvviso si ritrovavano a ridere perché era tutto assurdo. Per Tony e ogni membro della sua famiglia il senso dell’umorismo e le battute erano un salvagente, li salvavano. Questo è il motivo per cui ha voluto che facesse parte di questa storia e credo sia per questo motivo che ha fatto di Max un comico.

Il film non sarebbe stato lo stesso senza il giusto protagonista. Come avete trovato William Fitzgerald, che non è un attore ma un vero ragazzo autistico? Abbiamo sempre saputo che avremmo fatto questo film con un attore neuro divergente nel ruolo di Ezra, volevamo un ragazzo autistico, così abbiamo iniziato una ricerca in tutti gli Stati Uniti e in Canada, contattando gruppi di genitori di figli autistici, compagnie teatrali, doposcuola e anche attori autistici che avessero più esperienza. Tantissimi ci hanno mandato una loro registrazione e a quelli che ci sembravano interessanti abbiamo fatto dei provini via zoom, abbiamo visto circa 100 ragazzi. Abbiamo fatto venire alcuni di loro a New York per farli incontrare con Bobby Cannavale ed è stato molto difficile, sapevamo che non potevamo scegliere il ragazzo sbagliato. Abbiamo incontrato dei ragazzi incredibili ma nessuno di loro era Ezra e poi all’ultimo minuto, circa tre settimane prima dell’inizio delle riprese William, questo giovane attore, che in realtà non aveva mai recitato prima, ha mandato un provino registrato perché la madre pensava che per lui fosse una cosa divertente.

Non appena ho visto il video che aveva mandato ho pensato “wow. Devo incontrare questo ragazzo, è fantastico”. Oltretutto viveva a New York, dove eravamo, quindi è venuto e ha passato qualche ora con me, Tony e Bobby e ho capito immediatamente che era quello giusto. E’ proprio un attore naturale, ha questa incredibile capacità di essere se stesso di fronte alla macchina da presa in modo non artificioso, è molto brillante e riesce a improvvisare. Inoltre ha avuto nella vita le stesse difficoltà di Ezra e si è identificato molto col personaggio del film. Anche se la sua famiglia è stata molto unita e di sostegno per aiutarlo a navigate il sistema, non è stato facile per lui, quindi in un certo senso lui era Ezra. Quindi gli abbiamo adattato addosso il personaggio per fare in modo che fosse se stesso quando giravamo il film e penso che questa sia stata una cosa bellissima perché lui ha sviluppato un incredibile senso di fiducia in se stesso che non aveva quando abbiamo iniziato. Si è reso conto di quanto sia dotato e speciale. Stando in un ambiente che gli permetteva di essere se stesso è diventato questa grande forza, che è poi quello che succede nel film.

Un’ultima curiosità: come mai tra i tanti presentatori di talk show avete scelto proprio Jimmy Kimmel? E’ stata un’idea di Tony fin dall’inizio, era sempre stata in sceneggiatura, penso per via del viaggio che loro fanno attraverso il paese, visto che Kimmel è a Los Angeles, quindi era perfetto. Inoltre Jimmy è sempre stato uno strenuo portavoce delle neuro divergenze. All’inizio aveva proprio una parte nel film ma quando lo abbiamo fatto non era libero e non poteva farlo, quindi lo abbiamo riscritto in modo che non apparisse, ma alla fine ci siamo detti che sarebbe stato bello avere sui titoli di coda una sequenza con Jimmy Kimmel, ho scritto a Jimmy e gli ho detto “abbiamo fatto questo film, faresti questa cosa?”, lui ha accettato immediatamente e siamo andati a girare la scena che trovate sui titoli di coda.

E noi vi consigliamo di non perdere In viaggio con mio figlio, al cinema dal 24 aprile, perché siamo sicuri che vi divertirete, vi commuoverete e vi identificherete nella storia di questo ragazzo e della sua famiglia. La prova di William Fitzgerald nel ruolo di Ezra è davvero sorprendente: vederlo al suo debutto duettare alla pari con attori magnifici come Bobby Cannavale e Robert De Niro (come non li avete mai visti) aggiunge piacere alla visione.




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