Biennale Teatro, Ursina Lardi: una veggente per Milo Rau
Venezia, 15 giu. (askanews) – Una fotografa di guerra che vive a contatto con l’orrore e lo racconta e sembra invulnerabile. Fino a quando la violenza del mondo non colpisce direttamente lei. Forse si può riassumere così lo spettacolo “The Seer – La veggente” di Milo Rau, interpretato da Ursina Lardi, che ha ricevuto il Leone d’argento della Biennale Teatro 2025. Il riconoscimento, normalmente assegnato ai drammaturghi che ora invece premia un’attrice che si muove tra la recitazione e la scrittura. “Se può ispirare – ha detto Lardi ad askanews parlando del suo premio – altri attori e attrici per cominciare a prendere un po’ più responsabilità e di vedersi come autori e autrici dei suoi personaggi, allora è stata una buona scelta”.
Lo spettacolo di Rau è duro, drammatico, ci mette di fronte al male assoluto e alla violenza ideologica e di massa. Il personaggio di Ursina Lardi è una donna che per anni ha vissuto cercando di arrivare più a fondo possibile nell’incubo per fotografarlo, e sul palco, emerge l’ambiguità di fondo della sua storia. “È un personaggio molto complesso – ha aggiunto l’attrice – e spaventa anche a volte, però questo non la protegge dal diventare vittima. Ognuno può diventare vittima o carnefice. È così”.
La messa in scena si muove su due piani, uno sul palco del Teatro alle Tese, l’altro in un film girato in Iraq, quasi un reportage della stessa protagonista, ma questa volta già diventata vittima a sua volta. E il racconto più straziante è quello di un iracheno, Azad Hassan, vittima dell’ISIS e testimone di un orrore insostenibile. Però, dopo tanta oscurità, il film, e lo spettacolo, si chiudono con uno sguardo in camera di Azad, lo sguardo di uno straniero che riconosce il tuo stesso dolore. E questo, forse, apre le porte alla possibilità di una speranza.
“Le soluzioni non ci sono – ha detto ancora Ursina Lardi – ma quello che c’è sono dei momenti brevi di incontro e per me l’incontro con Azad era uno di questi momenti. Il primo giorno che abbiamo vissuto assieme, che abbiamo parlato, era un momento proprio di connessione, ma poi c’è la vita: lui continua la sua vita in Iraq io continuo la mia qui, però è quella forse l’unica soluzione: che ci siano i momenti di dialogo, di pace, di una persona che guarda negli occhi di un’altra persona”.
Non sappiamo se l’arte possa servire per alleviare la sofferenza, ma le persone possono, anche con la mediazione di un teatro consapevole come quello di Milo Rau.
Source link