Società

Adolescence: la miniserie che scava nella mente della gen z (scoperchiando scenari spaventosi ma reali)

Gillian Anderson, in The Fall, citava Margaret Atwood riassumendo proprio questo fenomeno: «Una donna una volta ha chiesto a un suo amico perché gli uomini si sentissero minacciati dalle donne e lui ha risposto che avevano paura che le donne ridessero di loro. Quando ha chiesto a un gruppo di donne perché si sentissero minacciate dagli uomini, loro hanno detto di aver paura di essere uccise».

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Un altro problema che emerge: i casi dei giovani sono in mano agli adulti che, spesso, non sono aggiornati sul loro linguaggio. Il poliziotto a capo dell’indagine è riuscito ad aggiungere qualche tassello in più solo quando suo figlio, che frequenta la medesima scuola dei protagonisti del misfatto, gli confida cosa significhino davvero certe emoticon. Sarebbe quindi necessario ascoltare di più chi in quella realtà ci è immerso tutti i giorni, senza giungere a conclusioni affrettate e superficiali che portano a minimizzare la gravità di una situazione che, forse, si sarebbe potuta evitare in tempo.

L’istituto appare confusionario, con insegnanti che entrano ed escono dall’aula a loro piacimento, il bullismo che dilaga, i film come lezioni alternative: in primis sono i genitori a dover prestare attenzione ai figli ed educarli al meglio ma, la scuola, gioca un ruolo fondamentale nel processo di crescita. È qui che ci si confronta con gli altri, si scoprono disparità di popolarità e abilità (nei test come nei rapporti sociali). Sarebbe quindi opportuno ricevere, già nei primissimi anni dell’adolescenza, le giuste nozioni di educazione sessuale e comportamentale (non solo su cosa comporta l’atto fisico in sé ma spaziando e indagando la sfera emotiva e le conseguenze delle dinamiche social correlatesexting, revenge porn, pornografia e scardinando certi ideali tossici, magari analizzando le frasi di personaggi come Andrew Tate e spiegando perché possano essere problematiche).

L’episodio più emblematico è il terzo, quello in cui Jamie si confronta con una psicologa clinica. Lei sa esattamente quali punti toccare e sa leggerlo dentro, è una donna, è molto intelligente ed è carina, così la percepisce Jamie. Questo basta per fargli perdere il controllo più volte, spaventato di essersi lasciato sfuggire delle informazioni, di essersi mostrato debole e non all’altezza.

Adolescence la miniserie che scava nella mente della gen z

Dave Benett

Recupera il controllo solo quando la guardia (un uomo) lo redarguisce.

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Odia che la professionista sia così in gamba ma allo stesso tempo ricerca la sua approvazione, chiedendole se lo trova meno brutto di quanto lui si senta o se qualcosa di quello che ha confessato è meritevole di stima, perdendo di nuovo il controllo quando non ottiene il riconoscimento sperato.

Ma non tutti quelli che la pensano come Jamie sono in cella, alcuni lavorano indisturbati nei reparti di un negozio per la casa vendendoti la vernice, come accade nell’ultimo episodio di Adolescence. Sono figli della stessa cultura e non c’è da stupirsi se il carnefice è il proprio figlio che, fino a ieri, «era semplicemente un bambino un po’ scemotto che giocava appeso alle sbarre in giardino, disegnava mostriciattoli e si sporcava mangiando il gelato».

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