Società

Ermal Meta: «Presto avremo con noi le nostre altre due figlie. Finora sono state in un orfanotrofio in Albania. Quando le abbiamo conosciute non potevamo adottarle»

L’anno scorso aveva salvato il concertone del 1° Maggio. Sotto una pioggia battente e davanti a uno stuolo di ombrelli, Ermal Meta aveva imbracciato la chitarra acustica e suonato Halleluja. Qualcuno lassù deve averlo ascoltato, perché la pioggia, in effetti, è cessata. «Quest’anno torniamo in Piazza del Popolo e quindi speriamo ci sia anche meno vento: al Circo Massimo, lungo e stretto, l’effetto Venturi era assicurato…».
Un cantautore con nozioni di fisica è una rarità, e Meta è decisamente un’eccezione. Mentre gira l’Italia con un tour molto intimo nei teatri, tra canzoni e confessioni personali, riflessioni, aneddoti e battute, in un momento storico di incertezza e confusione lancia Ferma gli orologi, «una canzone leggera, una farfalla controvento», un brano d’amore spensierato, e si prepara a risalire sul palco del concertone «con l’emozione raddoppiata».

C’è qualche errore che non rifarà?
«Lasciarmi distrarre. Quando sei lì accadono tante cose, anche molto velocemente, e, per come sono fatto io, ascolto, cerco di capire se c’è un problema, tendo a farmene carico… Invece ti devi concentrare sul tuo, devi fare il tuo».

Il tema di quest’anno è «Il futuro suona oggi», ossia la musica come strumento di cambiamento e trasformazione sociale. La musica cambia le cose?
«Da sola non può cambiare la società, ovviamente. Però è uno strumento che ha dentro di sé un grande potere: scende in profondità, racconta la nostra società e apre a riflessioni su come la nostra sta cambiando oppure su come vogliamo che cambi».

L’anno scorso, presentando il concertone, ha detto: «L’Italia è una stato antifascista, il concertone non è da meno. Non capisco come si debba spiegare ai giovani il concetto di antifascismo». Lo pensa ancora?
«Certo».

Ermal Meta al Concerto del 1° Maggio del 2024

Ermal Meta al Concerto del 1° Maggio del 2024

Roberto Panucci – Corbis/Getty Images

L’antifascismo è un valore né di destra né di sinistra. Anche lei si è definito né di destra né di sinistra.
«Se vogliamo fare un passo indietro, io ho vissuto in un Paese comunista, l’Albania, che si poteva definire di sinistra, e non è andata molto bene. Perché naturalmente era una forma estremista e gli estremismi tendono sempre a generare mostri, a creare poi grandi difficoltà per le persone. Non mi sento neanche di destra, ma oggi mi sembra di percepire che c’è sempre di più una polarizzazione fra la destra e la sinistra, in parte perché il modello occidentale è un po’ fallito».

La spaventa il populismo che rappresentano Trump e Musk?
«Certo, e mi fa impressione perché si parla di America, un Paese che si è sempre dichiarato terra dei diritti di tutti. Ha fallito il comunismo nell’Est, e ha fallito anche il capitalismo a Ovest, c’è una grande paura, c’è una grande confusione sociale, sempre meno ricchi da una parte e sempre più poveri dall’altra. I social hanno una parte di responsabilità, perché c’è una grande diffusione di fake news, e si perdono le coordinate…».

È preoccupato per il futuro?
«Abbastanza».

Parlando invece del passato: lei è arrivata a Bari, dall’Albania, quando aveva 13 anni, in fuga da un padre violento.
«Avrei voluto non averlo, ma ce l’avevo. Per fortuna a Bari ho avuto altre figure maschili positive di riferimento».

Pensa che il modello maschile italiano negli ultimi 30 anni sia cambiato?
«C’è una maggiore sensibilità, anche se si potrebbe fare di più, per esempio come l’uomo si pone nei confronti della donna, ma lo vediamo anche nelle cose piccole. Faccio parte dell’associazione Una, nessuna e centomila e di recente in un laboratorio qualcuno ha detto: “Quando sono diventato padre non ho pensato che sarebbe dovuto essere un mio compito quello di occuparmi di mio figlio, davo per scontato che se ne sarebbe occupata la madre e io avrei dovuto solo andare a lavorare”. Queste considerazioni sono il retaggio di secoli, con gli uomini che hanno sempre prevaricato le donne. E ci sono ancora. Si potrebbe fare molto di più».

Lei sul palco del suo ultimo concerto romano, nell’ambito del suo tour nei teatri, ha detto al pubblico: «Sono spaventato dal mostro che dorme dentro di me, il più delle volte è un lupo. So che c’è, così come lo sente dentro di sé ogni uomo. Cerchiamo di tenerlo a bada, ma c’è». Che reazioni ha raccolto?
«Avevo appena finito di suonare Ironica, che è una canzone che ho scritto per mia figlia Fortuna e che si conclude con le parole “Non avere paura, non avere paura, non avere paura”. Quindi mi sono chiesto come si fa, alla luce di un femminicidio ogni tre giorni, a non avere paura. Il video è andato sui social e le reazioni sono state terribili. Possiamo dire che ci sono stati tre tipi di commenti: quelli che mi hanno scritto “se hai un problema, fatti curare”, e altri vari insulti. Quelli, più dialettici, che comunque prendevano le distanze: “Non tutti gli uomini sono così, io non sono così”. E infine quelli che hanno cercato di difendermi dicendo: “Ma lui non parlava solo degli uomini, parla di tutti, anche le donne possono avere un mostro dentro”».


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