Ue,Draghi: basta con unanimità per attuare decisioni necessarie
Bruxelles, 18 feb. (askanews) – I meccanismi decisionali dell’Ue
devono essere adeguati alle sfide dell’epoca in cui viviamo, che
non permette più di indugiare nell’inconcludenza, nelle
esitazioni, nell’irrilevanza. Bisogna passare al voto a
maggioranza qualificata nelle aree in cui è ancora prevista la
regola dell’unanimità, del diritto di veto riconosciuto agli
Stati membri. Come la politica estera, e la sicurezza e difesa.
Lo ha ribadito Mario Draghi, intervenendo oggi al Parlamento
europeo a Bruxelles in occasione della “Settimana parlamentare
europea 2025, riproponendo quanto aveva già detto nel suo
rapporto sul futuro della competitività pubblicato a settembre.
Durante il dibattito, alcuni deputati presenti nell’emiciclo sono intervenuti riconoscendo la giustezza delle analisi e delle
raccomandazioni del Rapporto, ma hanno anche obiettato, come ha
riassunto Draghi, che “veniamo da un passato così lungo di
inconcludenza ed esitazione, da trovare difficile avere fiducia
che le cose possano cambiare in futuro, e che impariamo
effettivamente a essere diversi, a prendere decisioni rapidamente in modo efficace”.
Secondo l’ex presidente della Bce, “la risposta su questo punto è davvero che non abbiamo alternative. Pensateci”, ha detto rivolto ai deputati: “Il Rapporto usa spesso la parola ‘esistenziale’. L’Unione europea è stata creata – ha ricordato – per garantire ai suoi cittadini pace, indipendenza, sicurezza, sovranità, e poi sostenibilità, prosperità, democrazia, equità e inclusione. Un sacco di cose. E fondamentalmente siamo riusciti a garantire tutto questo, a vivere in una situazione piuttosto confortevole, in cui la retorica era dominante e le grandi sfide non erano davvero in primo piano”.
Ora – ha rilevato Draghi- questo mondo confortevole è finito.
Quindi dobbiamo fare il punto della situazione e chiederci:
vogliamo difendere questi valori essenziali, la nostra Unione
europea, per le cose che può effettivamente fare per noi, o
dovremmo semplicemente andarcene? E poi andarcene dove? Ed è qui
che inizia davvero il Rapporto. L’intero Rapporto è una linea
guida su come possiamo lottare per i nostri valori esistenziali.
Quindi dobbiamo essere fiduciosi, dobbiamo essere ottimisti”.
“L’attuazione” del Rapporto, ha continuato l’ex premier italiano, “è essenziale, soprattutto perché veniamo, come si diceva, da un così lungo passato di esitazione e inconcludenza, e forse mancanza di speranza”. Ma, ha avvertito, “per essere in grado di attuarlo dobbiamo cambiare il nostro modello decisionale. E per farlo, una cosa da considerare per prima è se l’unanimità debba continuare a essere il principio guida fondamentale per prendere decisioni nella nostra Unione. Il Rapporto suggerisce che, in effetti, non dovrebbe esserlo, che dovremmo passare alle decisioni a maggioranza qualificata in molte aree”.
“La mia sensazione – ha osservato Draghi – è che nei prossimi
mesi i paesi si raggrupperanno esattamente a partire da questo
punto, tra i paesi che continueranno a difendere l’unanimità e i
paesi che sono pronti a scendere a compromessi e ad andare verso
un sistema di voto a maggioranza qualificata”.
“Ma poi – ha aggiunto – il Rapporto dice che ci sono anche altri
modi. Uno è il modello di ‘cooperazione rafforzata’, che è
presente nei nostri statuti, ma su questo non siamo creativi. E
un terzo modo è il modello intergovernativo: ovvero due, tre,
quattro governi che concordano su determinati obiettivi e
decidono che si muoveranno insieme, rimanendo aperti all’ingresso di altri paesi. Penso, spero, che sia ovviamente meglio andare tutti insieme; ma per andare insieme, specialmente in settori come la difesa, la politica estera, c’è bisogno di una valutazione comune su quali sono i rischi, su quali sono i
compromessi, e soprattutto, su chi è il nemico. Bisogna essere
tutti uniti su questo”.
Nella sua ultima replica, Draghi è tornato sul tema del processo
decisionale. “Non sto necessariamente suggerendo una
centralizzazione”, ha puntualizzato. “Sto suggerendo che dovremmo essere in grado di fare le cose insieme come se fossimo un unico Stato. Ora, se questo richiederà o meno una centralizzazione, dipende fondamentalmente dalla legittimità democratica di ciò che vogliamo fare. Possiamo fare le cose insieme”.
Draghi, infine, ha risposto a un deputato che aveva osservato
come per i paesi europei le cose abbiano cominciato a funzionare
male e l’economia a peggiorare proprio quando si è spinto sulla
loro integrazione, dopo il Trattato di Maastricht che ha fondato
l’Unione all’inizio degli anni ’90. “Perché dobbiamo fare le
cose insieme? Qualcuno diceva che dopo tutto, il suo paese era
andato molto bene fino a un certo punto nel tempo. Bene, non
siamo più a quel punto. Ora siamo decenni dopo il trattato di
Maastricht, in una situazione diversa, in cui la portata dei
problemi supera di gran lunga le dimensioni dei nostri paesi”; ad esempio “se si guarda alla difesa, al clima, all’innovazione,
persino alla ricerca”. Insomma, ha concluso Draghi, “ora i
problemi sono diventati più grandi e la concorrenza è molto più
grande di noi”.
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