Trielina, nuovo allarme per il Tora nel potentino
Il sindaco di Tito ordina il divieto assoluto di utilizzo dell’acqua. Desecretati i risultati delle analisi dei consulenti dei pm sull’inquinamento da trielina attorno all’ex Daramic
Trielina in eccesso nel torrente Tora, oltre che nella falda sotto lo stabilimento Daramic di Tito Scalo in provincia di Potenza.
A scovarla, nei mesi scorsi, sono stati i consulenti nominati dalla Procura della Repubblica di Potenza nell’ambito delle indagini per l’inquinamento originato dalla vecchia fabbrica di separatori per batterie.
TRIELINA, I RISULTATI DELLE INDAGINI
I risultati delle indagini sono stati trasmessi dai carabinieri del Noe di Potenza al Comune di Tito mercoledì scorso. Dopo la notifica degli avvisi di chiusura delle indagini nei confronti di 13 indagati: 6 funzionari pubblici e 7 dirigenti aziendali, tra cui 2 residenti oltralpe e 2 curatori fallimentari, tutti indiziati – a vario titolo – dei reati di disastro ambientale aggravato omessa bonifica e discarica abusiva.
Venerdì mattina, quindi, è toccato al sindaco di Tito, Fabio Laurino, provvedere al riguardo. Con tre distinte ordinanze a tutela della salute pubblica.
LE DISPOSIZIONI DEL SINDACO DI TITO
Il primo cittadino ha disposto il divieto assoluto di pascolo e coltivazione su un terreno confinante con l’area industriale e di «utilizzo per uso umano, agricolo, allevamento, irrigazione e per altre attività connesse, dell’acqua di falda e di quella prelevata da pozzi presenti».
Una seconda ordinanza ha imposto il «divieto assoluto – su tutto il territorio comunale – di utilizzo delle acque superficiali del torrente Tora per uso umano, agricolo, allevamento, irrigazione e per altre attività connesse».
TRIELINA, LE ORDINANZE
Una terza ordinanza, infine, ha disposto il «divieto assoluto di utilizzo per uso umano, agricolo, allevamento, irrigazione e per altre attività connesse, dell’acqua di falda e prelevata dai pozzi compresi nel perimetro Sin (Sito inquinato di interesse nazionale, ndr) Tito».
Nelle premesse Laurino spiega che i consulenti della procura, in uno dei pozzetti (piezometri, ndr) realizzati, «hanno evidenziato la presenza di tricloroetilene in concentrazioni pari a 165 microgrammi per litro». A fronte di un valore limite di 1,5 microgrammi litro. Quanto all’acqua del torrente Tora invece, si parla genericamente di «concentrazioni superiori allo standard qualitativo fissato dal legislatore».
L’INQUINAMENTO DEL TORA
Le ordinanze dovrebbero restare in vigore con validità «fino a diversa disposizione».
A novembre dell’anno scorso il possibile inquinamento del Tora, che è un affluente del Basento, era tornato sotto i riflettori per la decisione di prelevare l’acqua del Basento, una quarantina di chilometri più a valle per far fronte al fabbisogno delle utenze domestiche di Potenza, Tito, e gli altri comuni della parte centrale e più alta dell’omonima valle.
A rassicurare la cittadinanza, quindi, era intervenuta l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpab) denunciando la presunta confusione dei dati sulle acque di falda con quelli delle acque superficiali.
L’ESITO DELLE INCHIESTE AVVIATE NEL 2023
Agli inizi di giugno il procuratore reggente di Potenza, Maurizio Cardea aveva riepilogato l’esito delle indagini avviate nel 2023 dal Noe, «dalle quali si appurava la mancata rimozione di una sorgente primaria di contaminazione da tricloroetilene la cui attività avrebbe significativamente compromesso e deteriorato la falda acquifera ben oltre i confini del Sin poiché è stata rinvenuta la presenza della citata sostanza con valori 110 volte superiori al limite di legge anche in aree a vocazione agricola e persino nel corpo idrico superficiale dell’affluente sinistro del Basento: il torrente Tora».
Cardea aveva evidenziato anche il ruolo di alcuni funzionari pubblici «che, pur conoscendo la gravità dell’inquinamento e l’inerzia del soggetto responsabile, in violazione di un obbligo giuridico avrebbero omesso di sostituirsi ad esso e attuare le procedure di bonifica».
Il procuratore aveva sottolineato, infine, l’importanza della relazione tecnica prodotta da un collegio di consulenti nominati dalla procura «che ha accertato l’esistenza di un disastro ambientale aggravato connesso ad uno stato di compromissione, e deterioramento, irreversibile delle matrici acque sotterranee e superficiali causato dalla trielina la cui eliminazione richiederebbe interventi e/o provvedimenti eccezionali e costi particolarmente elevati».
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