Cultura

The Weekender: ascolta gli album di The Veils, Mogwai, Anna B Savage (e molti altri…) usciti oggi

Da qualche anno ormai il venerdì è il giorno della settimana consacrato alle uscite discografica. Quale migliore modo allora per prepararsi mentalmente all’imminente sospirato weekend se non quello di passare in rassegna le migliori album usciti proprio nelle ultime ore ?
I dischi attesi per mesi sono finalmente tra noi… buon ascolto.

THE VEILS – “Asphodels”
[V2 Records]indie-rock

“Asphodels”, il settimo album in studio dei The Veils, è stato registrato dal vivo in cinque giorni presso i Roundhead Studios di Aotearoa in Nuova Zelanda. L’album prende il nome dall’antico fiore greco dell’Oltretomba e, dal punto di vista dei testi, Andrews attinge più dai grandi poeti che dai tradizionali autori di canzoni rock and roll. La collaborazione tra Andrews e l’arrangiatrice d’archi Victoria Kelly è un aspetto centrale del disco e, come nel precedente album della band “…And Out Of The Void Came Love”, Kelly svolge un ruolo fondamentale nel dare vita alle canzoni.

MOGWAI – “The Bad Fire”
[Rock Action]indie-rock

Il titolo dell’album, “The Bad Fire”, è un termine della classe operaia Glaswegian che indica l’inferno. Riflette il momento difficile che i membri della band stavano attraversando. In studio è arrivato il produttore americano John Congleton. La musica dei Mogwai è difficile da descrivere, ma facile da sperimentare: contiene una corrente d’aria, un senso di bellezza racchiuso nell’assalto sonoro. Questo, a quanto dicono le note stampa, ci tiene in piedi, sospesi e pieni di forza, ricordandoci che il paradiso è un vostro diritto di nascita. Questo è particolarmente vero per “The Bad Fire”. Può essere stato creato in condizioni oscure, ma tutto ciò viene trasceso dall’atto di quattro musicisti che lavorano insieme qui, ora, nel momento, l’unico posto in cui i Mogwai esistono.

ANNA B SAVAGE – “You & I are Earth”
[Cuty Slang]indie-alt-rock

Un senso di radicamento è al centro del terzo disco di Anna B Savage, “You and i are Earth”, un disco che ha a che fare tanto con la guarigione quanto con un senso di curiosità senza freni e, più semplicemente, “una lettera d’amore a un uomo e all’Irlanda“. Dopo i dischi acclamati dalla critica “A Common Turn” e “in|FLUX”, “You and i are Earth” riesce a trasmettere un senso di intimità, pur essendo aperto. La delicatezza è una pietra di paragone tanto radiosa quanto la terrosità, che la Savage attribuisce al luogo in cui si trova attualmente, sia geograficamente che emotivamente. E letteralmente il disco testimonia un particolare pezzo di terra: l’Irlanda e il rapporto della Savage con la sua nuova casa.

FKA TWIGS – “Eusexua”
[Atlantic Records]elettronica-pop

Il disco si distingue, a quanto ci dicono le note stampa, per una singolarità elegante e senza sforzo di techno, pop, arte e catarsi. Un battito cardiaco con la forza di un temporale pulsa all’interno dell’album, per poi gettarci in un mondo di synth trance pieni di tensione e di pianoforti dance pop empatici e martellanti. La ricalibrazione di Twigs nell’underground techno di Praga vive riccamente in questi suoni, che affiorano con passione bruciante nella title track di apertura, un grido di connessione che si raddoppia come dichiarazione di missione dell’album. Con i motori al massimo, Twigs si lancia in una vigorosa carneficina da club inondata di melodie delicate, riflettendo sull’estasi di una connessione profonda con gli estranei in un modo che solo il dancefloor può facilitare.

BENJAMIN BOOKER – “Lower”
[Fire Next Time]blues-rock

Torna Benjamin Booker con il suo terzo album in studio che arriva a sette anni di distanza da “Witness” (2017) e undici dall’omonimo album di debutto. Con “Lower”, Booker si conferma una figura eclettica, continuando a esplorare nuove sonorità ma mantenendo le radici blues, soul e garage rock che lo hanno reso celebre: in questo album amplia il suo repertorio musicale con influenze che spaziano dal hip-hop sperimentale e lo-fi al dream pop, dal noise-pop all’ambient. “Volevo arrivare a questo suono, ma non sapevo come. A un certo punto ho deciso che lo avrei trovato o sarei morto provandoci. Kenny Segal, il produttore, è stato il pezzo mancante di cui avevo bisogno.

ROSE CITY BAND – “Sol Y Sombra”
[Thrill Jockey]country rock

La musica della Rose City Band è un country rock senza tempo, baciato dal sole, il cui slancio apparentemente senza sforzo porta con sé la gioia della sua creazione senza ignorare l’oscurità che pervade la nostra coscienza. Guidata dal chitarrista/vocalista Ripley Johnson, la musica della Rose City Band affonda le sue radici nell’amore per i dischi della metà e della fine degli anni ’70. La band, oltre a Johnson, comprende il chitarrista Barry Walker, il tastierista Paul Hasenberg e il batterista John Jeffrey. I contrasti di “Sol Y Sombra”, l’equivalente musicale delle stelle luminose in un cielo notturno, sono per Johnson inevitabili. “Con la Rose City Band, in genere cerco di fare musica edificante, musica per divertirsi“, dice Johnson. “Questa volta non potevo evitare che l’ombra fosse più presente. Non c’è modo di evitarla. L’ombra è sempre lì. Quindi, l’ho lasciata dentro“.

ANGELA BARALDI – “3021”
[Caravan]indie-rock

8 brani scritti dalla stessa Angela Baraldi e composti insieme a Federico Fantuz. Se per gli arrangiamenti musicali la cantautrice, rompendo gli schemi, si è lasciata ispirare a tratti dal cosmo e dal suo fascino misterioso, nei testi è andata alla ricerca dell’essenziale, esplorando sensazioni e sentimenti umani. “3021″ è come una serie antologica, dove le trame e i personaggi cambiano in ogni puntata e il filo narrativo che li lega è unicamente il suono. Si può dire che è il contrario di un concept album – dichiara Angela Baraldi – Ho immaginato il suono delle sfere, dei pianeti e dello spazio profondo e abbiamo provato a riprodurlo usando chitarre, basso, batteria e qualche synth. Ho voluto sperimentare la semplicità. A differenza dei suoni, nei testi, invece, ho cercato il terreno, l’umano, da contrapporre allo spazio profondo delle galassie. Il risultato sono otto canzoni, che non so se sono o non sono rock. Ho cercato di liberarmi dalle sovrastrutture e dalle aspettative. Mi sono presa il lusso di sorprendere, o magari anche di deludere, chi mi segue. Agli artisti che amo succede anche questo….

ANIMAUX FORMIDABLES – “Call Me Tony”
[Go Down records]indie-rock

“Call Me Tony” è stato registrato in presa diretta su nastro analogico, senza correzioni o sovraincisioni postume. Rispetto ai brani del precedente disco, Fasolo ha voluto provare a far suonare il duo direttamente nella stessa stanza, sperimentando come poter usare in modo proficuo anche eventuali rientri sui microfoni – per catturare ancora di più l’interpretazione “live”, cuore pulsante del progetto Animaux Formidables. La direzione presa da questo EP è una dichiarazione di intenti, gli Animaux Formidables vogliono continuare a fare quello che gli piace, ancora più crudo e senza scendere a compromessi, un po’ come questo misterioso Tony, che una volta presa coscienza di se stesso non può fare altro che celebrarlo, senza trucchi e senza inganni, alzando semplicemente il volume.

TUNNG – “Love You All Over Again”
[Full Time Hobby]folktronica

Il 2025 segnerà il ventesimo anniversario di” This is Tunng… Mother’s Daughter and Other Songs”, un LP d’esordio che ha lasciato il segno. Il suono di quel disco fa un caloroso ritorno nell’ottavo album in studio dei Tunng, “Love You All Over Again”, che si basa, come rivela Lindsay, su un consapevole riavvicinamento ai primi principi della band. “Sono tornato ai primi due album solo per ascoltare come fondevamo i generi – cose come Davy Graham, Pentangle e la colonna sonora di Wicker Man, che stavo scoprendo all’epoca, insieme a cose della Expanding Records di cui condividevamo lo studio. Tutto questo confluiva nei primi dischi. Nel corso degli anni, il suono dei Tunng è variato e si è contorto, ma alla base c’è sempre il sapore di ciò che io e Sam abbiamo creato in quel primo album. Piuttosto che cercare una nuova strada, siamo tornati a quello che facevamo prima e che, dopo tutto questo tempo, sembrava una nuova strada… Love You All Over Again è il nostro modo di chiudere il cerchio“.

YOUNG KNIVES – “Landfill”
[Gadzook]indie-rock

Le note stampa ci dicono che sono passati quattro anni dall’ultima uscita in studio degli Young Knives – “Barbarians” del 2020, uno sguardo aggressivo e filosofico sulla propensione dell’umanità all’iper-violenza – e in questo periodo la band ha fatto un passo per considerare il cambiamento del mondo che li circonda, il loro posto in esso e la ricerca, a volte futile, di controllare ciò che ci lasciamo alle spalle quando ce ne andiamo. Come dice il cantante e chitarrista Henry Dartnall, “è un disco che parla di lasciar andare le cose prima che ti vengano portate via, comprese le immagini accuratamente curate di noi stessi. Abbracciare tutto ciò che il mondo ti getta addosso e non prenderlo a cuore“.

DITZ – “Never Wxhale”
[autoproduzione]indie-rock

“Never exhale” è il suono di una band che non si è fermata un attimo. I DITZ sono stati in tour senza sosta dall’uscita del loro primo album “The Great Regression”. Le canzoni che compongono il loro ultimo lavoro sono state scritte in tutta Europa, spesso nei giorni di riposo e in sale prove prese in prestito. Dal punto di vista sonoro, l’album affonda le sue radici nelle consuete influenze dei DITZ, nel noise rock classico come quello dei Jesus Lizard o degli Shellac, o nell’ottuso post-punk dei Fall, ma porta anche influenze fresche. Il brano di chiusura, “Britney”, potrebbe essere paragonato ai Radiohead o ai Mogwai. Nel complesso, l’album rappresenta una chiara evoluzione rispetto al loro primo lavoro. Un segno delle cose che verranno.

TAFFY – “Lull”
[Club AC30]indie-rock-shoegaze

I beniamini dell’indie-pop giapponese Taffy tornano con il loro sesto album in studio “Lull” il 24 gennaio via Club AC30. Il disco segna la prima uscita della band dopo l’acclamato album del 2019 “Deep Dark Creep Love”. “Lull” segna il primo materiale della band con il nuovo chitarrista Rio Kato, che porta il suo stile unico e inimitabile al sound dei Taffy. “È bravissimo a suonare quasi tutti gli stili che scegliamo, ma ha un approccio tutto suo che si è rivelato perfetto in tutto l’album. Ci sono le solite gemme taffy insieme allo stile di Rio, quindi è un taffy ma un taffy nuovo! Sento che questo album è sensibile ma silenziosamente potente“, afferma la cantante e chitarrista Iris. Il nuovo album è il risultato della pandemia di coronavirus del 2020. “Durante la pandemia abbiamo purtroppo perso alcuni grandi artisti e io stessa ho perso alcuni dei miei cari. Non potendo incontrarci di persona per un lungo periodo di tempo, mi è sembrato che sarebbe andato avanti per sempre. Mi ha fatto capire chi e cosa conta davvero per me. Tutte queste emozioni e sentimenti contrastanti sono confluiti in ognuna delle canzoni dell’album“.

EDVARD GRAHAM LEWIS – “Alreet?”
[UPP Recprds]indie-rock

Il musicista e artista anticonformista Edvard Graham Lewis torna con “Alreet?”: un album emozionante di pop maestoso e sperimentale. Tuttavia, l’allegro saluto nordorientale del titolo dell’album smentisce la tensione e il dramma che vi si celano. Qui troverete ritmi viscerali, elettronica calda e molteplici strati melodici, con parole a volte cantate, a volte parlate. La voce profonda e distintiva di Lewis è maturata in un ricco baritono: portentosa ma immediata, e serve il suo materiale in modo eccezionale. Sebbene sia forse più conosciuto come membro dei titani del post-punk Wire, il lavoro solista di Lewis è altrettanto potente. Dal punto di vista lirico rimane uno dei nostri migliori parolieri. Il suo desiderio di ridurre il testo all’essenziale è sapientemente controbilanciato dall’abilità di insinuare doppi o tripli significati nella sua fraseologia.

OPEN HEAD – “What Is Success”
[WharfCat]sperimentale-indie-rock

Open Head è un ensemble sperimentale di 4 elementi di New York. Con un gusto per il concreto e l’onirico, come dicono le note stampa, il loro nuovo album “What Is Success” trae la bellezza dall’architettura brutalista, dall’olografia e dai resti dell’industrialismo che formano il paesaggio della Hudson Valley. Il risultato è espansivo, ampio nel volume e brutalmente materiale nella sua esecuzione. Attingendo alla no-wave newyorkese e alla storia d’avanguardia del punk, del noise, dell’hip-hop e della musica elettronica, Open Head presenta un suono che è esso stesso un paesaggio: immediato, colossale, rovinato ed essenziale.

MATT BERRY – “Heard Noises”
[Witchazel]indie-pop-rock-psichedelia

In contrasto con precedente album che andava attraverso un amore idiosincratico per la psichedelia britannica, il freakbeat, l’acid rock e il pop di fine anni ’60, “Heard Noises” vede Matt dirigersi verso una psichedelia californiana più libera attraverso il suo amore per i suoni più psichedelici dello space pop e del rock, e il suo orecchio per una melodia inquietante e ossessionante.

BILK – “Essex, Drugs and Rock and Roll”
[Scruff of the Neck]indie-rock

I Bilk sono composti da tre musicisti che fondono indie rock, rap e punk. Il trio spara un rock ‘n’ roll incendiario e rauco ispirato da suoni alternativi dai primi giorni del punk fino alla scena contemporanea.

FLIPTURN – “Burnout Days”
[Dualtone]elettro-pop

“Burnout Days” vede i Flipturn, come ci dicono le note stampa, tornare come architetti sonori, sfruttando la loro impressionante capacità di creare melodie e paesaggi sonori scintillanti. La band mostra più grinta, abilità e vulnerabilità che mai – una chiara evoluzione nel loro sound, che riflette la loro crescita come musicisti e individui. Scoprono la bellezza che esiste anche in tempi di esaurimento attraverso un mix di momenti ritmici e crudi e di sperimentazione sonora, il tutto con un palpabile senso di meticolosità e maturità.

VUKOVI – “My God Has Got A Gun”
[Sharptone]alt-rock

Dopo un anno di tour, i VUKOVI tornano con il loro quarto album in studio. La vocalist Janine Shilstone e il chitarrista Hamish Reilly hanno incanalato le loro energie creative in dodici brani che esplodono di emozioni crude e di una ferocia inaudita. Il solo titolo dell’album lascia intendere un cambiamento verso una narrazione più oscura e provocatoria. Shilstone descrive il nuovo lavoro come “canzoni che parleranno di luoghi in cui tutti siamo stati, ma che pochi hanno sentito veramente“. La miscela di alt-rock ed elettro-pop che contraddistingue la band è evidente, ma c’è un’evoluzione decisiva anche verso altri lidi.

C DUNCAN – “It’s Only A Love Song”
[Bella Union]cantautorato-pop

Adoro l’idea di qualcosa di così romantico da far quasi male“, dice C Duncan della musica che adora. Il polistrumentista e cantautore di Glasgow, con formazione classica, onora quell’idea con enormi riserve di brio e sentimento nel suo quinto album, “It’s Only a Love Song”. Ricco di archi svenevoli, immagini rapite, melodie classiche e armonie sognanti, è un disco di romanticismo pop orchestrale al suo massimo splendore.

WARDRUNA – “Birna”
[Fimbulljod]dark-folk

“Birna” è un’opera d’arte dedicata alla guardiana della foresta, custode della natura, e alle sue battaglie qui sulla terra. Lentamente scacciata dal suo habitat dalle società moderne, è entrata in una fase di ibernazione permanente. Di conseguenza, la foresta sta gradualmente morendo, desiderando il suo battito e il suo cuore, il suo pastore. “Birna” invoca il suo ritorno.

SAM AMIDON – “Salt River”
[River Lea]indie-pop-folk

Il nativo del Vermont Sam Amidon, che ora vive a Londra, ha collaborato con il sassofonista e produttore Sam Gendel per reinterpretare e rigenerare 10 canzoni che ha raccolto insieme come parte di una ricerca decennale per ricontestualizzare cosa significhi cantare canzoni folk o fare musica folk. La musica su “Salt River” spazia dalla tradizionale ballata appalachiana a una radicale rivisitazione di “Big Sky” di Lou Reed, ed è stata registrata da Amidon, Gendel e il percussionista Philippe Melanson, che hanno suonato insieme come trio durante le sessioni a casa di Gendel a Los Angeles. Come descrive lo stesso Sam; “Questo album è un falò, ma il falò è attorno al sintetizzatore di Sam Gendel. O forse è un viaggio nei corridoi della mia memoria, se la mia memoria fosse stata trapiantata nei sogni di Sam e Phil“.

LARKIN POE – “Bloom”
[Tricki-Woo]indie-rock

Dal blues all’Americana, passando per rock e gospel. Le Larkin Poe non si sono mai fatte mancare nulla nella loro carriera. Di questo album dicono: “Ognuna delle 11 canzoni di questo album rappresenta una tappa nel tortuoso viaggio alla scoperta di se stessi in mezzo al rumore del mondo, abbracciando ciò che è e accettando i difetti e le idiosincrasie che ci rendono reali lungo il cammino“.

BOILERMAKER – “Not Enough Time to Get Anything Halfway Done”
[Numero Group]alternative-rock

L’intera discografia della band (3 dischi, più singoli e rarità) emo/post hardcore di San Diego raccolta in un prezioso boxset curato
dall’ottima label Numero Group.

ALE HOP & TITI BAKORTA – “Mapambazuko”
[Nyege Nyege Tapes]psichedelia, world

La psichedelia peruviana incrociata con il soukous congolese per una nuova uscita all’insegna del ritmo targata Nyege Nyege, etichetta ugandese assoluto faro in termini di scoperta di realtà musicali semi-sconosciute africane.

STUDIO – “West Coast”
[Ghostly International]pop, indietronica, balearic sound

Altro recupero prezioso in questo venerdì 24 gennaio. Studio è un duo di culto svedese che pubblicò l’ottimo “West Coast” nel 2006 così accolto da Pitchfork: i Can che realizzano un album tributo agli Happy Mondays o i Cure accompagnati da Fela Kuti. Ora la Ghostly Int. ripubblica questa piccola perla nascosta e la fa debuttare per la prima volta in streaming.

BAMBOLE DI PEZZA – “Wanted”
[Nigirl]indie-rock

Il nuovo album “Wanted”, a quanto ci dicono le note stampa, è una potente raccolta di storie che esplodono di emozioni, energia e ribellione. Il sound fresco e abrasivo della band si fonde con riff graffianti, melodie avvolgenti e testi affilati, dando vita a un viaggio sonoro che affronta temi di amore, lotta, resistenza e speranza. Un manifesto di autenticità, rivoluzione e introspezione, dove ogni brano porta con sé un pezzo dell’anima della band e invita l’ascoltatore a vivere senza compromessi.

VALENTINO VIVACE – “Discoteca Vivace”
[Fluidostudio]pop

L’album, come ci dicono le note stampa, racconta una notte indimenticabile, scandita da ritmi diversi che dipingono ogni momento sul dancefloor. Dall’esplosione energetica dei banger italo disco, passando per le atmosfere sensuali di brani come “Baia degli Angeli”, fino al sound sognante e alle atmosfere rarefatte di “Ti sento”, che accompagnano il sorgere del sole a fine serata, “Discoteca Vivace” è un cocktail di emozioni: energetico, sensuale e onirico, in cui Valentino invita già dal primo brano a entrare nel suo cerchio cromatico, mescolando insieme colori e sensazioni.

LITTLE BOYS – “Tokyo Addicted”
[Engine Records]indie-rock

I Little Boys, l’esplosivo Power Duo italiano nato artisticamente in Giappone, piazzano un nuovo singolo con 2 inediti e due relativi remix a opera del musicista giapponese Duran. Laura “Elle” Bertone e Sergio “Esse” Pirotta portano avanti con determinazione e grinta il progetto nato per caso a seguito di una scommessa su un volo aereo nel 2020 diretto verso il Giappone. Poliedrica, eccentrica, tormentata lei, riservato, eclettico e riflessivo lui, i due musicisti si compensano e si stimolano a vicenda, contagiati da punk, rock e delta blues che fanno da colonna sonora a testi audaci e senza filtri, cantati dalla voce a tratti soave, a tratti acuta e distorta, di Elle.  I due nuovi brani sono stati prodotti da Naoki Iwata e ciascuno di loro è stato anche realizzato in remix prodotto dal musicista Duran (Haruhisa Duran Naito).

PELLEGRINO & ZODYACO – “Koinè”
[Early Sounds]pop

il nuovo album un album che esplora il desiderio di evasione, ispirandosi all’ “Elogio della fuga” di Henri Laborit e interpretandola come atto di emancipazione. L’album è una celebrazione delle contaminazioni: dalla musica popolare al synth pop, brani contemporanei che si mescolano strumenti vintage, percussioni etniche e atmosfere mediterranee con una fusion di matrice “dance”.

GINEVRA – “Femina”
[Asian Fake]indie-pop

È un disco centrato sul tema della femminilità (i testi infatti sono spesso declinati volutamente al femminile) che la cantautrice dedica a sé stessa, alle donne più importanti della sua storia, alle donne vittime di violenza – tema su cui per la prima volta si esprime duramente nella title track – e alle donne che non conosce di persona ma che come lei lottano ogni giorno al suo fianco per una società più equa. A livello sonoro, Ginevra fa delle scelte radicali: si sposta dall’elettronica per creare un mondo più organico, composto interamente da strumenti suonati, voci asciutte e imperfette, tante chitarre, basso elettrico e batterie acustiche, ispirandosi a un suono di fine anni ’90 – inizio 2000. La necessità che si è delineata componendo e producendo i brani è stata quella di cercare un suono concreto, a tratti sognante e spensierato – ma rispetto ad altri capitoli del suo percorso meno etereo – e a tratti, per la prima volta, un po’ più arrabbiato e aggressivo. La volontà della cantautrice, espressa anche e soprattutto nei testi, è stata quella di essere il più esplicita possibile e di arrivare al cuore dell’ascoltatore senza dare troppo spazio a possibili interpretazioni.


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