«State con chi lo prende in quel posto». Aguzzi e la frase omofoba in aula dopo la provocazione di Carancini. Scoppia la polemica, poi si scusa
ANCONA Nella più alta istituzione delle Marche va in scena una pièce che riuscirebbe a far impallidire un cinepanettone. La cornice è quella solenne di Palazzo Leopardi in un sonnacchioso martedì di lavori consiliari. L’ordine del giorno scorre senza particolari scossoni con il solito susseguirsi di interrogazioni. La prima è sul mancato patrocinio della Regione al Marche Pride 2025 che si terrà a Pesaro il 21 giugno: un elemento che contribuirà a rendere ancora più paradossale quanto accadrà di qui a poco. Avanti veloce: arriviamo all’atto ispettivo del consigliere Pd Carancini sulla Fondazione Ircer di Recanati che apre l’Atto I. Durante l’intervento particolarmente accalorato del dem, entra in aula l’assessore Aguzzi che con aria sorniona chiede al collega di giunta Brandoni: «Ma chi ha fatto arrabbiare così Carancini?». Domanda ironica che non piace per niente al diretto interessato: «Le battute Aguzzi se le può mettere in un posto dove lui ritiene», l’uscita – pure questa – infelice e non consona all’aula.
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Atto II
Ne segue una bagarre tale da costringere il presidente del Consiglio Latini ad interrompere la seduta. Cala il sipario sulla diretta streaming, ma non calano i toni in aula: «Dovevi essere eletto per poter parlare», l’attacco di Carancini, ricordando che Aguzzi è stato ripescato da Acquaroli come assessore esterno. «Tu sei stato eletto e sei all’opposizione, abbai alla luna», replica l’assessore. Di nuovo Carancini: «Quelli come te che passano da sinistra a destra lo sai come si chiamano?», l’allusione. E ancora Aguzzi, citando Einstein (che si sarà rivoltato nella tomba per essere stato tirato in ballo in cotanto dibattito): «L’intelligenza si misura dalla capacità di cambiare idea». Lo sguaiato botta e risposta non si ferma più e arriva fino allo spannung di Aguzzi che si traduce in una battuta omofoba: «Se voi state dalla parte di chi fa quelle robe lì e lo prende in quel posto, non è che lo domandano a me».
Una nota urlata, che suona tanto più stonata alle porte del Marche Pride del 21. Poi, alla ripresa dei lavori, l’assessore prova a correggere il tiro: «Lo scorretto è stato lui – punta il dito contro Carancini – ma se ho detto qualcosa chiedo scusa. Io ho solo risposto a un’offesa». Ma non basta a frenare l’ondata di reazioni che si leva fuori dalle mura del Palazzo. Il primo a dar fuoco alle polveri è il candidato Pd alle Regionali Ricci, che parla di «vergogna, una frase discriminatoria e volgare, indegna di chi riveste un ruolo istituzionale».
L’Arcigay e Comitato Marche Pride
A stretto giro Arcigay e Comitato Marche Pride inviano una nota in cui esprimono «indignazione e sdegno. Queste parole rappresentano una ferita aperta per tutte le persone Lgbtqia+ che ogni giorno lottano per essere rispettate». Chiedono anche al governatore Acquaroli di prendere «una posizione chiara e netta di condanna». Segue il fuoco di fila di altri esponenti del Pd come la deputata Manzi. Resosi conto della bufera, Aguzzi nel pomeriggio gira un video riparatore: «Ho risposto forse in maniera un po’ troppo colorita fuori microfono». E ancora: «Non sono frasi che solitamente uso. È stata una reazione ad una provocazione. Chiedo scusa se qualcuno si è sentito tirare in causa in qualche modo, ma non fanno certo parte del mio pensiero». Scende in sua difesa Bartolomei, consigliere comunale e segretario di Forza Italia Pesaro: «Da ragazzo gay, da politico e da cittadino, sono profondamente stufo di assistere a questa strategia politica che, purtroppo, è diventata un modus operandi di una certa sinistra: estrapolare sistematicamente le parole dal contesto e strumentalizzarle». Racconta di quando, nel 2014, prima della legge Cirinnà sulle unioni civili, Aguzzi da sindaco di Fano «si assunse tutte le responsabilità del caso e firmò l’atto in cui trascrisse allo Stato civile il matrimonio tra due uomini». Un gesto che conta più di tante parole. Giù il sipario.