Sonia Bruganelli: «Ho avuto crisi di panico, anoressia, depressione. Con la malattia di mia figlia Silvia ho smesso di chiedermi “perché a me?” e ho imparato a dire “sono qui”»
E in questo percorso ha imparato ad accettare la sua fragilità?
«Nascondere la fragilità mi ha portato, a un certo punto, a una deflagrazione interiore enorme: crisi di panico, anoressia, depressione. A oggi, le dico che, dopo un percorso di analisi e di crescita interiore, mi sono resa conto che mostrare le paure che abbiamo, i sensi di colpa, accettare i propri errori, ammettere di aver sbagliato è salvifico perché puoi evitarti tutta una serie di situazioni che io ho vissuto sulla mia pelle. So che tutto questo è facile da dire, ma per me è stato molto difficile da fare».
È un insegnamento che vuole lasciare anche ai suoi figli?
«Ho scritto questo libro prevalentemente per loro. Rappresenta una mia volontà di dire: io sono questa persona qui, non sono così forte come sembra. Certo, rimango sempre la loro madre e, quindi, ho sempre il diritto e dovere, finché vivranno con me, di dire quello che per me è giusto. Però, è importante che loro sappiano che io sbaglio, che il fratello sbaglia, che tutti sbagliamo e accettarlo e dichiararlo è importante per stare bene con se stessi».
Li ha coinvolti durante la stesura del libro?
«No, assolutamente no. Lo hanno letto quando l’ho terminato. Anzi, mia figlia Adele mi ha detto una cosa che mi ha fatto molto piacere: “Sai, mamma, ho letto il tuo libro e pensavo che quando avrò anche io dei figli e, per qualche motivo, non ci potrai essere tu a raccontare alcune cose, prenderò il tuo libro e dirò ‘Guarda cosa ha detto mamma’”. Pochi giorni fa, mi ha chiesto anche delle copie per poterle regalare ad alcuni amici».
Racconta di quando a 24 anni ha deciso di abortire, poi c’è stata la gravidanza difficile con Silvia. Come cambia l’idea di gravidanza e maternità dopo due esperienze di questo tipo?
«A 24 anni è un desiderio completamente idealizzato, ma che difficilmente riesci a rendere nel modo in cui te lo sei immaginato perché sei una ragazzina, non sai ancora bene chi sei, cosa vuoi essere, quale lavoro vuoi fare. Per me, è cambiata con ogni figlio: ad esempio, con Adele, sin da subito, è stato un accudimento molto più semplice perché ero già preparata a quello che avrei dovuto affrontare con la sua crescita. L’esperienza di Silvia, invece, è stata come avere 10 figli tutti insieme: non solo ero giovane ed era il primo, ma dovevo accudire un bambino con tutte le problematiche che aveva quotidianamente Silvia».
Source link