Skunk Anansie – The Painful Truth
A un certo punto, in un momento imprecisato, David Sitek (Foals, Weezer, tra gli altri) dev’essersi seduto intorno a un tavolo con tutti e quattro i componenti degli Skunk Anansie, chiedendo loro cosa volessero fare della propria esistenza musicale a distanza di quasi nove anni dall’ultima fatica discografica (“Anarchytecture”). La risposta che ne è derivata, evidentemente, deve essergli piaciuta abbastanza, perché il nuovo lavoro del gruppo di Deborah “Skin” Dyer, “The Painful Truth”, riesce a mettere decisamente in evidenza il tocco magico del produttore statunitense.

Del resto, ascoltando le 10 tracce che vanno a comporre la settima opera in studio della formazione britannica, appare oltremodo evidente che la voglia di sperimentare sia stata una delle linee guida dettate dal caro vecchio David. Pura goduria sonora per chi, come il sottoscritto, abiura – con garbo, ma con estremo piacere – i cosiddetti dischi-fotocopia-della-fotocopia. E allora, cari lettori di Indie For Bunnies, lasciatemi dire (o meglio, scrivere) che ce la si spassa con mucho gusto tra i meandri elettronici/new-wave di “The Painful Truth”. Non a caso, “An Artist Is An Artist” è stato il biglietto da visita con cui i Nostri hanno annunciato il loro ingresso negli anni Venti e la piccola (ma incisiva) resurrezione musicale di un progetto artistico le cui origini risalgono all’ormai lontanissimo 1995.
Tuttavia, il brano che apre le danze dell’album, non è l’unico meritevole di lodi. “This Is Not Your Life”, per esempio, scivola via con un certo pathos che sa di indie-rock anni Dieci (essì, ancora il tocco di Sitek), mentre la semplicità ancestrale di “Shame” serve a ricordarci che i cari vecchi Skunk Anansie sanno ancora costruire dei brani degni del pop-rock che fu. E lo stesso discorso, molto banalmente, potremmo estenderlo pure a “Shame” e “Cheers”. Con “Lost And Found”, invece, il livello si alza di gran lunga. La voce di Skin si fa epica e tirata, il piano che batte come un martello pneumatico sul beat trasforma l’atmosfera in un intermezzo cinematografico, il refrain è incisivo come il rumore della pioggia su un vetro di ricordi. Tradotto in soldoni, ci troviamo al cospetto di uno dei fari più illuminati (e illuminanti) dell’album.
Dulcis in fundo, con quel giro di basso fotonico (congrats mister Richard “Cass” Lewis!), “Fell In Love With A Girl” sembra uscito fuori direttamente da quel capolavoro di “Rio” (sì, proprio quello dei Duran). Se proprio vogliamo trovare un difetto all’ultimogenito sonico degli Skunk Anansie, è il finalino (“Meltdown”) un po’ “telefonato”, buttato lì più con mestiere che con vera anima. Detto questo, “The Painful Truth” ci ha stupiti non poco con i suoi effetti speciali fatti di dettagli semplici e di normalità ultra-ponderata. Il nuovo album degli Skunk Anansie è la prova concreta che talvolta non occorrano necessariamente degli inutili fronzoli per poter arrivare dritti al punto. Quindi, si tratta di un ritorno con i fiocchi? Beh, assolutamente. Poco ma sicuro. Sì, insomma, segnatevelo pure: il rientro in scena di Skin e soci è il delizioso primo capitolo di un nuovo romanzo tutto da scrivere. E con il sunnominato Sitek a bordo, non può che diventare un bestseller.
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