Campania

si toglie la vita in carcere


Si è consumata oggi (11 giugno), poco dopo le 13, una nuova tragedia all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Luzmil Toci, 31 anni, detenuto per l’omicidio della moglie Eleanor Toci, si è tolto la vita nell’area psichiatrica dell’istituto penitenziario.

L’uomo stava scontando la condanna per un femminicidio che aveva profondamente scosso la comunità di San Felice a Cancello, dove lo scorso 9 ottobre aveva ucciso la moglie nella loro abitazione, davanti ai due figli piccoli, di appena 6 e 4 anni.

Il suo corpo è stato trovato privo di vita nella struttura psichiatrica interna al carcere sammaritano. Le circostanze del suicidio sono ancora in fase di accertamento, ma si tratterebbe dell’ennesimo episodio di una lunga serie di morti dietro le sbarre.

A commentare quanto accaduto è stato Samuele Ciambriello, Garante campano dei detenuti: “Morire di pena non è un destino. Morire di carcere e in carcere responsabilizza tutti noi che siamo liberi: società civile, politica, amministrazione penitenziaria, terzo settore e volontariato”.

Il Garante ha lanciato un appello urgente, richiamando l’attenzione sulla crisi profonda del sistema penitenziario italiano, aggravata da condizioni ambientali sempre più critiche: “Questa calda estate e il sovraffollamento stanno già rendendo impossibile la vita nei nostri istituti. Siamo ormai a 36 suicidi nelle carceri italiane nel 2025, a cui si aggiungono 78 morti per cause ancora da accertare”.

La situazione in Campania è particolarmente allarmante: con il suicidio di oggi a Santa Maria Capua Vetere, il bilancio regionale sale a cinque suicidi dall’inizio dell’anno, di cui due a Poggioreale, uno a Secondigliano, uno a San Nicola Baronia (Rems) e ora questo nuovo caso.

Il carcere di Santa Maria Capua Vetere, già al centro dell’attenzione mediatica negli ultimi anni per le condizioni detentive e i casi di violenza documentati, si conferma come un simbolo delle difficoltà strutturali del sistema carcerario italiano.

L’appello del Garante è chiaro: “Siamo abituati alle morti in carcere, ci colpiscono nell’immediato, ma politica e amministrazione penitenziaria non si interrogano mai abbastanza sul perché accadano. Dobbiamo fare tutti di più”.

Il dramma di Luzmil Toci, che si è tolto la vita dopo aver compiuto un gesto estremo e irreparabile, riapre il dibattito sulle condizioni di vita nei penitenziari italiani, sulla necessità di supporto psicologico, e su un modello detentivo che deve necessariamente riformarsi, se vuole davvero essere parte di un sistema di giustizia, e non solo di reclusione.


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