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Sega Bodega – I Created The Universe…: L’ambient che commuove :: Le Recensioni di OndaRock

E venne il tempo dell’amore. Sì, anche per Salvador Navarrete, meglio noto come Sega Bodega, imprevedibile producer cileno-irlandese che da anni propone una traptronica obliqua e irriverente, costantemente indecisa se perdersi tra gli stridori fetish di un sex club o seguire controvoglia le tentazioni del cantautorato serio. Lungo un trittico di lavori vagamente autobiografici – “Salvador” (2020), “Romeo” (2021) e “Dennis” (2024) – Sega Bodega ha introdotto il proprio mondo musicale con mano liquida e afflato colloquiale, conquistandosi man mano un pubblico sempre più incuriosito dal suo modo di affrontare la materia digitale – parliamo pur sempre del fondatore del marchio NUXXE, sul quale trovarono sbocco i primi lavori di Oklou e Shygirl, perché tra le altre cose il ragazzo è anche un efficace sciagatta-popolo.
Proprio per questo il suo nuovo album spiazza l’ascoltatore con un titolo che, nella sua interezza, si legge come la più spassionata dedica d’amore dell’anno in corso: “I Created The Universe So That Life Could Create A Language So Complex, Just To Say How Much I Love You”. Cosa avrà mai smosso il nostro Salv a comporre questi pezzi? Come mai si sente così vulnerabile di fronte al cosmo e a tutto il circondario di condizioni umane e divine?

Già dalla splendida apertura di “Pipe”, con la voce di Vashti Bunyan che aleggia nelle retrovie del mix come un fantasma, appare evidente quanto, stavolta, tessiture e composizione abbiano acquistato una lacrimevole rotondità nei bassi, come se l’autore volesse distillare l’essenza emotiva del celebre “Adagio in sol minore” di Albinoni attraverso il processo dei “Pieces In A Modern Style” di William Orbit. Anche quando offre un titolo buffo come “Y tu mamá ambient”, infatti, il risultato è tutt’altro che ridicolo: trattasi semmai di uno dei momenti più toccanti in scaletta, non fosse per la successiva “Cradle”, con la voce di Mayah Alkhateri, che culla l’ascoltatore con mano dolce sotto un notturno cielo stellato.
Ritroviamo poi Mayah su “Tab Laih” che intona un delicato canto reminescente delle proprie origini arabe, mentre il violoncello di Lucinda Chua sottolinea dapprima il sussurro di “mmMMmmmm”, poi il piglio deconstructed-cameristico di “The World Around Me Is Working Against My Memory” – un titolo, questo, che non manca di fornire qualche nota di dramma attraverso le quattro corde in tensione dello strumento.

Ma anche da solo, Salvador rifinisce amorevolmente ogni sezione del proprio lavoro; la quiete appena screziata dalla tastiera di “Crystal Loop” si stende a perdita d’occhio, “Gamahuche” di controparte offre una breve idea new age, lasciando a “1500-1880k” il compito di srotolare con grazia una scarna idea minimalista che sembra sintetizzata dagli spartiti di Terry Riley o Laraaji.
Ovviamente è proprio la title track a farsi organo celeste del lavoro, tramite dolci sibili digitali e aperture melodiche a tutto cuore, che risulterebbero quasi sdolcinate in altri contesti, ma non in mano a Sega Bodega, qui capace di più che mai di farsi trasportare dall’emozione senza risultare kitsch. Spetta però a “True (Pure Mix)” il compito di chiudere l’ascolto con un fantascientifico finalone cinematografico che si gonfia attraverso un pulviscolo di progressive electronics.

Spiazzante, toccante, ammutolito e vulnerabile, “I Created The Universe So That Life Could Create A Language So Complex, Just To Say How Much I Love You” si candida come uno degli ascolti ambient più inaspettatamente emotivi dell’anno, la strana creatura di un compositore dal quale, adesso, possiamo davvero aspettarci di tutto…

13/12/2025




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