Economia

Schivardi (Luiss) “Dal 2004 spesi in ricerca 25 miliardi, investito molto più di quanto ricevuto”

ROMA – “Mi aspettavo numeri più alti rispetto ai contributi ricevuti sia per ricerca e sviluppo sia per gli investimenti. Le quote, rispettivamente 3,8% e 0,88% della spesa, sono molto basse rispetto alla letteratura economica». Fabiano Schivardi è il professore della Luiss Guido Carli che ha analizzato la contabilità del dare e dell’avere, negli ultimi venti anni, tra il gruppo Fiat-Fca, oggi Stellantis, e lo Stato italiano. Cifre che sono state sottolineate da Elkann durante l’audizione in Parlamento.

Professore, non sono mancate polemiche rispetto ai soldi pubblici ricevuti da Stellantis. Dalla sua immagine emerge un quadro differente?

«In venti anni, a fronte di 25,3 miliardi in ricerca e sviluppo, Stellantis ha ricevuto contributi complessivi pari a 966 milioni, che hanno coperto il 3,8% della spesa totale. I sussidi agli investimenti, che nel periodo considerato ammontavano in media a 17,7 milioni di euro all’anno, sono diminuiti fino ad azzerarsi a partire dal 2020. Il valore complessivo è stato di 334,7 milioni. Dal 2014, anno in cui diventano disponibili i dati sulla spesa in conto capitale, Stellantis ha investito 14 miliardi di euro, ricevendo sussidi per 123,1 milioni, pari allo 0,88% del totale».

E l’effetto della produzione Stellantis qual è?

«Il valore della produzione di Stellantis è stato di 668 miliardi. Si deve aggiungere l’effetto indiretto che è stato di 694 miliardi. L’effetto indotto è di 324 miliardi. Il prodotto totale riconducibile all’attività di Stellantis è di 1.686 miliardi. E non è detto che questi fondi si possano definire sempre aiuti. Sono stati prodotti in Italia 16,7 milioni di veicoli. Per ogni euro di valore creato l’impatto economico generale è di 9 euro».

Cosa intende?

«Che i sussidi in ricerca e sviluppo oppure i contributi per gli investimenti non possono essere considerati solo degli aiuti alle imprese. Vengono utilizzati per alzare il livello della ricerca privata oppure per orientare attività e sviluppo in zone più disagiate, come alcune aree del Mezzogiorno».

Il rapporto tra dare e avere è a favore dello Stato, ma avete calcolato anche i soldi usati per i periodi di cassa integrazione?

«Il meccanismo prevede che le imprese versino al fondo Inps sulla base dell’imponibile previdenziale e, nei momenti di calo dell’attività, attingano. Risorse che non pesano sul fondo dello Stato. Nei venti anni il saldo è negativo per 528 milioni: l’azienda ha preso di più di quanto ha versato. Corrisponde all’1,4% del valore complessivo degli stipendi pagati da Stellantis. Si tratta di un sussidio che non va all’impresa, ma ai lavoratori. L’azienda ha il vantaggio che non deve tenere i lavoratori in produzione nei momenti di calo dell’attività. Una flessibilità, per evitare licenziamenti, garantita dal sistema di welfare del Paese».


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