Società

Sara Ciocca: «La mia è una generazione tormentata e vitale, ma siamo liberi. Bullismo e salute mentale non sono più tabù, ma non sono ancora la priorità di scuola e famiglie»

Avere 17 anni nell’universo di Sara Ciocca significa citare, mentre si parla di se stessi, Primo Levi ed Eugenio Montale. Significa essere vitale e speranzosa verso il futuro, ma non senza riflettere con profondità su cosa comporti essere adulti. Significa avere alle spalle già una carriera ricca di ruoli complicati e maturi, come la sua Elise in Invisibili, il nuovo film di Ambra Principato (prodotto da Red Velvet di Marco De Micheli e distribuito da Fandango). Significa incarnare tutta la complessità di una generazione, la Z, che troppo spesso si fa in fretta a definire, etichettare e, in certi casi, anche a stigmatizzare.

Sara Ciocca «La mia è una generazione tormentata e vitale ma siamo liberi. Bullismo e salute mentale non sono più tabù...

Partiamo da qui: c’è questa cosa molto comune che a raccontare una generazione è sempre chi ne è molto distante anagraficamente. Invertiamo la narrazione: come descriverebbe la sua GenZ?

«Tormentata e vitale. E, guardando alle manifestazioni in cui miei coetanei protestano per quello che sta accadendo in Palestina, mi viene da dire anche libera. Ci sentiamo liberi di combattere per quello che ci appassiona e riteniamo giusto».

Tormentata da cosa?

«Nel mio caso, è vedere un mondo basato sulla paura e la disumanità e, quindi, sentire un grande vuoto allo stomaco quando si pensa al futuro. Ad esempio, io voglio una famiglia, diventare una donna, emanciparmi, realizzare i miei sogni e avere un obiettivo nella vita e questo mi sprona ad andare avanti, a credere che tutto sia possibile. Poi capisco che non è così semplice, che mi sento completamente inerme davanti alle immagini spietate di guerra e distruzione che vedo ogni giorno. È come diceva Primo Levi: ci stiamo assuefacendo al dolore e alla morte, come se fossero una parte della nostra esistenza».

Oltre a questo, c’è altro che la fa sentire indifesa?

«Non sentirmi completamente libera, in quanto donna. So che sembra in contraddizione con quello che dicevo prima, ma è come se fossero due facce della stessa medaglia. Le spiego: io sono una privilegiatissima ragazza occidentale che, però, non è libera di camminare da sola di sera per strada, di prendere la metropolitana a Roma e di non pensare a nient’altro che alla musica che sto ascoltando. Spero che, prima o poi, arrivi un momento per noi donne di non doverci più preoccupare di queste cose».

Sentirla parlare e vedere i ruoli che ha scelto nella sua carriera dimostra che per lei l’arte è politica, attivismo.

«Questa cosa quasi mi commuove perché, nel mio piccolo, spero che il mio lavoro e la mia arte possano essere utili a qualcuno, alla società. L’arte non è necessaria come un intervento a cuore aperto su un paziente morente o come le leggi di uno stato, ma serve a colorare il mondo, a renderlo un posto migliore, a rendere la nostra vita più bella. Senza saremmo solo bestie, prive di empatia e sensibilità».

Lei ha già recitato in due film (Il ragazzo dai pantaloni rosa e Invisibili ndr.) che portano consapevolezza su temi come la salute mentale e il bullismo.

«Penso che siamo forse una delle prime generazioni ad avere più accortezza e sensibilità su questi temi. Però, spesso, come succede con i problemi di salute mentale, non troviamo interlocutori adatti in famiglia e nella scuola. Quindi, si rischia di non essere capiti, se ne sottovalutano le conseguenze e si viene abbandonati».


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »