Può il vino di Peppe Vessicchio essere più buono perché ascolta la musica? Prova d’assaggio
Abbiamo confrontato il Montepulciano d’Abruzzo di Beppe Vessicchio con il suo vino omologo, prodotto nella stessa cantina e dallo stesso enologo ma senza la musica classica di sottofondo. Il test.

Il vino è tutto sommato una cosa semplice: si raccoglie l’uva e la si pesta, si fa fermentare il suo succo e lo si affina in appositi contenitori per un tempo ritenuto congruo. Le diverse rifiniture, adottate dopo esplorazioni empiriche o studi cartacei, si muovono tutte lungo questo percorso. Eppure ogni tanto esce fuori qualcosa di stravagante, innovativo, possibilmente rivoluzionario (se funzionasse). È il caso del metodo FreMAN. Mai sentito? Ok, vado a decrittare: è il caso di Peppe Vessicchio che fa ascoltare Mozart al vino. Dice che così il vino migliora.
Il metodo FreMAN di Beppe Vessicchio
Il metodo FreMAN, ideato e applicato dal Maestro Giuseppe Vessicchio, sta per “Frequenze e Musica Armonico-Naturale”. In pratica il buon Vessicchio teorizza che le frequenze della musica “riescono ad intervenire sull’equilibrio della composizione del vino, sui tannini, sui polifenoli, quindi riescono miratamente a darci un nuovo equilibrio”. Già basterebbe così, ma c’è un’aggiunta succosa: “sottoposto ad una musica, il vino ha rispecchiato l’armonia di quel brano”.
Dunque la musica, per mezzo delle onde sonore, agisce sul vino, migliorandolo inesorabilmente. Le onde attraversano la barriera fisica del vaso vinario, sia esso di legno, cemento, acciaio, terracotta o madreperla; non interagiscono punto con il materiale del vaso vinario, perché loro mica devono migliorare il contenitore ma solo il contenuto; quindi arrivano al vino, prendono tutte le molecole in esso presenti e le fanno danzare, come fossero in un’umida milonga. Da questo ballo il vino ne uscirebbe migliorato, riflettendo l’armonia dei brani ascoltati (immagino che una playlist “Metal workout” o “Skatepark punk”, parlando esclusivamente di vino, possano rendere risultati non proprio gradevoli).
Se non si fosse capito dalla sottilissima vena ironica che permea questo pezzo, non crediamo molto alla scientificità del metodo sbandierata dal Maestro Peppe Vessicchio. E io a lui voglio anche bene, perché ha diretto Elio e le Storie Tese nel 1996 a Sanremo, questioni di cuore.
Ma storciamo il naso quando leggiamo che “le vibrazioni generate dai suoni emessi, erano in grado di apportare modifiche alle molecole del vino a riposo tramite catalisi ristrutturativa, determinando una mutazione migliorativa delle caratteristiche organolettiche e una aumentata resistenza all’invecchiamento”.
Per fugare i dubbi sorti e testare l’effetto di questo metodo, abbiamo assaggiato il Montepulciano d’Abruzzo DOC “Sesto armonico”, annata 2022, prodotto da Musiké, la cantina di Peppe Vessicchio. Più che una cantina Musiké è un progetto, portato avanti dal maestro e da Riccardo Iacobone, titolare di Torri Cantine. E, dato che è proprio Torri ad occuparsi del processo produttivo del vino, abbiamo pensato di confrontare il “Sesto armonico” con un suo omologo: il Montepulciano d’Abruzzo DOC “Ca’ natura”, annata 2022, di Torri Cantine.
I due vini condividono praticamente tutto: l’uva montepulciano, la vendemmia a inizio ottobre, la vinificazione in acciaio, lo svolgimento della malolattica, e l’affinamento in cemento. Le uniche differenze risultano nel tempo di affinamento (8 mesi per “Sesto armonico”, 6 mesi per “Ca’ natura”) e nel metodo FreMAN applicato al “Sesto armonico” prima dell’imbottigliamento. Cambiano lievissimamente i prezzi: 8,80 euro per il Sesto Armonico e 9,90 euro per Cà Natura.
Visivamente i due vini sono prevedibilmente indistinguibili. Ma anche al naso prosegue l’indistinguibilità: entrambi sono classici nasi da Montepulciano, con ricchezza di frutti (mora e fragolina in prevalenza) e fiori (netto il glicine), senza alcuna differenza evidente. E in bocca lo scenario non varia: due vini morbidi, abbastanza ricchi di sapore e per nulla tannici. Pressoché identici, come prevedibile. La ‘catalisi ristrutturativa’ deve essersi fermata dal geometra.
Tiriamo le fila rapidamente, che tanto non c’è molto da dire: l’effetto ipotizzato dal metodo FreMAN non ha superato l’assaggio comparato con un vino ‘gemello’; il miglioramento organolettico non è stato rilevato. Allo stato attuale possiamo considerarlo giusto uno storytelling accattivante, nulla di più.
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