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Processo Doppia Curva, martedì la sentenza sugli ultras del Milan (presenti in massa con quelli dell’Inter). Intanto è virale l’arringa dell’avvocato difensore

Oltre ventimila visualizzazioni in diciotto ore. Un vero successo l’arringa pubblica dell’avvocato Jacopo Cappetta, legale di diversi ultras del Milan oggi imputati nel processo milanese Doppia Curva. Un vero e proprio atto di difesa nei confronti di Luca Lucci e compagni andato in onda ieri sera sul canale Youtube della Curva sud che conta quasi centomila iscritti e annunciato prima da un comunicato che recita: “Questa sera alle 21 pubblichiamo un video dove l’avvocato Jacopo Cappetta riassumerà la vicenda e racconterà come sia crollato il castello di carte costruito contro i ragazzi della curva Sud (…). Abbiamo sentito per mesi tantissime cazzate su rapper, gossip, concerti, abbiamo subito un processo mediatico da quattro cialtroni che invece di prendere in mano le carte del processo e cercare la verità hanno preferito trasformare questa vicenda in una telenovela”. Ora come è noto il processo non è ancora finito. Manca infatti l’atto finale che non si è consumato venerdì ma che andrà in scena nell’aula bunker di piazza Filangeri martedì a partire dalle 14:30. Quindi fra quattro giorni. E però “il castello di carte è già caduto”.

L’associazione a delinquere contestata non esiste, non esiste un’associazione tesa al profitto criminale, né estorsioni fatte o tentate, nessun bagarinaggio, né pestaggi, o meglio quelli ci sono stati, ad esempio il blitz in stile messicano di Motta Visconti. E però non vi sono legami con la curva, se pur coinvolti alcuni membri del direttivo rossonero. O in certi casi, come fu lo “screzio” con uno steward ai tornelli del Meazza, si arriva quasi a ventilare la legittima difesa. Decideranno i giudici. E può essere che il castello sia crollato, che l’associazione sia un abbaglio del pm Paolo Storari, degli investigatori della Squadra Mobile e dei giornalisti che non hanno cercato adeguatamente la verità. Al momento, oltre ai migliaia di atti, resta la requisitoria del pm e la richiesta di pene. Requisitoria di cui non si ha la versione integrale perché il processo si è svolto a porte chiuse, perché gli imputati hanno scelto il rito abbreviato e non un processo pubblico.

Mentre da ieri è pubblica l’arringa dell’avvocato Cappetta. Sul cui contenuto non ci si permette di entrare, perché ne conosciamo la professionalità e le capacità, mentre sulle tempistica qualche dubbio si solleva soprattutto legato a un rischio concreto di ordine pubblico. Visto che il video in anticipo sulla sentenza arriva assieme alla decisione, per quel che risulta, di entrambe le curve di presentarsi martedì pomeriggio fuori dal Bunker del carcere di San Vittore a sostenere, viene da pensare, gli imputati. Una sorpresa per quelli dell’Inter che in più occasioni anche pubblicamente hanno rinnegato l’operato del vecchio direttivo di Andrea Beretta, Antonio Bellocco e Marco Ferdico. Del resto per gli ex capi è contestata anche l’aggravante mafiosa. Non per la curva Sud che dal 31 settembre, il giorno dopo il maxi-blitz, non ha mai rinnegato la leadership di Luca Lucci, che pur presunto narcotrafficante di livello, avrebbe reso la Curva Sud un’eccellenza del tifo italiano ed europeo.

Un manipolo pacifico dedito solo a tifo, coreografie e beneficenza. Più un Milan club che un’agguerrita associazione criminale come pensa invece la Procura di Milano che per Lucci ha chiesto 10 anni, stessa richiesta per il suo braccio destro Daniele Cataldo, accusato di essere l’esecutore materiale del tentato omicidio di Enzo Anghinelli. Un agguato sul quale l’avvocato Cappetta ha dedicato parte del suo intervento, spostando il fatto dagli interessi della curva ad interessi criminali come in effetti dimostrerebbero gli atti di questa e di altre indagini. Dunque niente associazione a delinquere. Del resto non sarebbe la prima volta per la curva Sud. Già nel 2006 la Procura di Milano incardinò lo stesso reato finalizzato a una tentata estorsione all’Ac Milan. Processo che arrivò a poche condanne e facendo cadere il reato associativo. Tra i capi c’era Giancarlo Lombardi detto Sandokan che fu condannato.

Assolto invece Giancarlo Capelli, alias il Barone. Da quei fatti che misero in fila due tentati omicidi ad altrettanti ultras rossoneri nacque prima il regno di Lombardi, poi quello di Lombardi e Lucci assieme e poi solo quello di Lucci che dal 2009 circa amministra in solitudine la curva, non senza qualche inciampo, come il pestaggio al tifoso interista Virgilio Motta che nel 2009 negli scontri durante un derby perse un occhio proprio per un pugno di Lucci, il quale sarà condannato a un risarcimento. Un associazione non criminale, spiega l’avvocato Cappetta, ma di tifosi uniti dalla passione per il Milan. E senza profitto “illecito”, e dunque c’è da chiedersi: ma se la curva non produce quel giro milionario di soldi sostenuto dalla Procura perché Lombardi, una volta estromesso, e dopo l’arresto di Lucci, ha provato ripetutamente a rientrare nella stanza di comando facendo sponda con il milieu criminale milanese? E perché nel 2018, Domenico Vottari calabrese che pur mai condannato per mafia ha rapporti con il gotha della ‘ndrangheta, in un summit a Bollate assieme a Giuseppe Calabrò, detto U Dutturicchiu, pianificava agguati a Lucci per prendersi il controllo della curva? Che il castello sia caduto o meno, l’indagine di Milano lascerà aperto un problema a livello nazionale e tutto politico sull’esistenza delle curve e del movimento ultras in Italia.


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