«Perché a vent’anni devo vivere con la paura che un uomo mi faccia del male?»
Mi chiamo Cecilia, ho 19 anni, ed ho paura. Paura di quello che troppo spesso succede a ragazze come me: storie di violenza e femminicidio che segnano per sempre chi resta e chi se ne va, che interrompono il cammino di tante donne e ne cancellano il futuro.
Solo alcune delle troppe vittime che non si possono scordare: Martina Carbonaro, 14 anni, uccisa a colpi di pietra dal suo ex fidanzato diciannovenne dopo una lite. Ilaria Sula, accoltellata dall’ex partner incapace di accettare la fine della relazione. Sara Campanella, 22 anni, accoltellata in strada da uno studente universitario che la perseguitava da mesi.
Ecco, per questo ho paura. Ho così tanta paura che mi viene da piangere ed urlare. Ho così tanta paura che, a volte, vorrei sparire per evitare il rischio che mi faccia sparire qualcun altro.
Ho così tanta paura perché amo la vita profondamente, voglio viverla fino in fondo ed ho il terrore che un giorno qualcuno possa scegliere che io non ne abbia più il diritto.
Man mano che cresco, cresce il terrore e lo schifo. Da bambina pensavo che fosse pericoloso essere piccola e volevo diventare grande. Ora che sono grande, capisco che non dipenderà mai dalla mia età, ma solo dal mio sesso. Sono una donna: bambina, adolescente, ragazza, adulta, pur sempre donna.
Non posso fuggire dalla mia condizione e non la posso combattere come si può fare con altre angosce; questa paura fa parte di me, mi appartiene, scorre nelle mie vene ed è scritta nel mio DNA. Sono impotente, perché sono donna.
Soffro come se fosse la mia mamma, la mia migliore amica, mia sorella, una collega, una compagna ogni volta che sento un altro omicidio e penso: perché? Sembra come se, ormai, al leggere una nuova notizia di femminicidio — io in primis, nessun giudizio o condanna — si reagisca inserendola automaticamente in una categoria: quella delle donne uccise da uomini che le amano troppo!!! e quindi non possono accettare che vogliano lasciarli, o da uomini che si arrabbiano perché la moglie, la fidanzata o magari solo “amata” non fa quello che ci si aspetta, è diversa da come dovrebbe essere.
Insomma, uomini che escono di senno perché una donna decide di vivere un po’ come le pare, essere un essere umano indipendente. Magari anche tradendoli! trattandoli male! E poi? E poi chissene frega. Ma chi siete? Uomini, chi siete? Come vi permettete? Uomini non perché di sesso maschile, ma come esseri umani: come potete?
Quella donna che uccidete potrebbe essere colei che vi ha tenuto in grembo per nove mesi.
Queste tragedie ci affliggono, ci indignano, ma finiscono per essere incassate come un colpo: ci sentiamo inermi, incapaci di reagire o di cambiare davvero le cose. Io stessa mi sento sopraffatta da un senso di impotenza; mi chiedo cosa stia succedendo, e perché tutto questo continui ad accadere.
Purtroppo, dobbiamo vivere questi fatti come se accadessero a noi, perché ci sembrano lontani, ma sono dietro l’angolo. Nessuna di queste donne si aspettava niente di tutto questo, erano come me, come te, come noi. Per questo mi sento cosi tanto connessa e legata a ognuna di loro.
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