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Pedofili pakistani condannati “in ritardo” per non perdere i voti Labour


Pedofili pakistani condannati "in ritardo" per non perdere i voti Labour

Il sonno della ragione genera buonismo. E così per evitare di “turbare” la comunità islamica di Manchester la giustizia inglese ha condannato a scoppio ritardato una gang di pedofili pakistani accusati di abusi collettivi e ripetuti, compiuti per anni fra il 2001 e il 2006 nel quartiere di Rochdale, sobborgo di Manchester nel nord dell’Inghilterra.

Secondo la ricostruzione dei media inglesi gli abusi sarebbero stati coperti a lungo grazie all’omertà della comunità locale che si sarebbero saldate da un lato con la negligenza degli investigatori, dall’altro con la decisione delle autorità locali della zona, tradizionalmente legata ai Labour, per ragioni di consenso, di adesione al ‘politically correct’ e forse per timore di alimentare un clima di ostilità nei confronti dei tanti britannici di origine asiatica.

La sentenza odierna riguarda sette uomini di età compresa fra i 67 e i 39 anni, in parte imparentati fra loro, già condannati al carcere in passato per altri episodi e riconosciuti ora colpevoli dinanzi alla Manchester Minshull Street Crown Court di stupri, violenze e aggressioni sessuali perpetrate a più riprese nel corso di 5 anni nei confronti di altre due ragazzine.

Le ultime vittime, venute alla luce sulla base di nuove denunce ed elementi raccolti dalla polizia dopo la riapertura a più vasto raggio delle indagini, sono state indicate durante il processo come ‘Girl A’ e ‘Girl B’: in modo da tutelare la riservatezza sulla loro identità. L’accusa ha sottolineato come per anni siano state trattate alla stregua di giovanissime “schiave sessuali” dalla banda e, a partire dall’età di soli 10 anni, messe in contatto come “prostitute” con decine e decine di uomini: fino a 200 secondo la testimonianza di una di loro.

Uno scenario di orrore e sfruttamento creato approfittando del loro vissuto “problematico”, della marginalità sociale in cui le ragazzine (come altre vittime) erano cresciute e con la dipendenza minorile indotta da droghe, alcolici e sigarette.

Il campo d’azione dei maniaci gravitava attorno a un mercato in cui il presunto capoclan, il 64enne Mohammed Zahid, e due degli altri coimputati, Mustaq Ahmed, di 67 anni, e Kasir Bashir, di 50, spadroneggiavano fra i venditori ambulanti.


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