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Pause pranzo di 82 minuti, lettura di ebook, molto tempo chiusi in bagno ma anche yoga e manicure: così la GenZ ‘ruba’ tempo al lavoro. I racconti

Abbiamo parlato di recente del ‘task-masking‘, ovvero una specie di trend, chiamiamolo così, della gen Z: fingersi più impegnati di quello che si è al lavoro, usando trucchetti precisi. Dietro questo comportamento ci sarebbero motivazioni legate al ritorno in presenza con la fine della pandemia, ritorno che i più giovani mal tollerano. Ora, The Standard ha riportato le testimonianze anonime di alcuni ragazzi che ‘rubano’ tempo al lavoro deliberatamente. C’è per esempio Amy, 26enne, che legge beatamente: “Apri la tua email a schermo intero, apri l’eBook, riducilo alla grandezza di un’anteprima email e leggi tutto il giorno! Sembra che tu stia leggendo le email ed è un trucco infallibile“.

C’è chi legge e chi si nasconde. Pare incredibile ma James, 28 anni, ogni volta che cambia lavoro trova un nascondiglio: Quando lavoravo in un centro di giardinaggio c’era un container dove tenevano le bibite in lattina, quindi andavo a sedermi lì. Oppure, se dovevo aiutare un cliente a portare il compost alla sua macchina lo lasciavo velocemente nel bagagliaio e poi andavo a nascondermi in una delle casette espositive nei paraggi. Trovavo una casetta, entravo, chiudevo la porta e restavo lì”. Un modello infantile, verrebbe da dire, tipo “casetta sull’albero”. Solo che James lo fa durante l’orario di lavoro.

Ci sono anche ‘metodi’, per così dire, più blandi, dall’arrivare in ritardo a stare in bagno più a lungo (a volte molto più a lungo) del previsto. Sofia, 26 anni, racconta di essere spesso “away” su Teams e di arrivare in ufficio solo a mezzogiorno, dopo aver dichiarato di aver lavorato da casa al mattino. Ammette di contare sul fatto che “la gente in generale non fa domande”. E se qualcuno lo facesse? Nessun problema, si inventerà una scusa.

Remy, invece, allunga la pausa pranzo il più possibile e non saprebbe nemmeno spiegare come si sbloccano le porte dell’ufficio all’apertura: Le mie pause pranzo durano almeno 82 minuti. Fumo un’infinità di sigarette. Mi chiudo in bagno per un tempo equivalente a una ‘seduta lunga’ (cronometrato dal timer del mio orologio) solo per sfuggire ai colleghi, e potrei continuare…” ha confessato. Secondo lui, questo comportamento è “giusto” perché “lavoro in un settore in cui l’azienda fattura ai clienti in base alle ore di lavoro, mi è sempre sembrata un’ingiustizia non essere ricompensati o considerati quando si va oltre il dovuto. Così ho smesso di fare straordinari e ho pareggiato un po’ i conti“.

I racconti su The Standard sono davvero svariati, con chi racconta di fare manicure e lampade, chi si assenta per lo yoga e chi per lunghe passeggiate. Si è più volte parlato dell’esigenza della GenZ di non fare fagocitare la vita privata dal lavoro e se non ci pensano le aziende con modalità agevoli, ecco che loro ci pensano da soli. Cosa ne pensate voi lettori di FQMagazine?


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