“Papà sta picchiando mamma”, chiama la polizia a 7 anni
“Venite, papà sta picchiando la mamma”: è un bimbo di sette anni a chiamare la polizia a Torino, facendo venire alla luce una situazione mai sospettata dalle maestre del piccolo, né all’oratorio. “Gli ho telefonato per caso. Lui mi ha detto che non poteva stare al telefono, perché stava per arrivare la polizia, perché il padre picchiava la madre. Sono rimasta sconvolta. La mamma non mi aveva mai detto niente” racconta una volontaria. Eppure le violenze sulla donna, botte e stupri, andavano avanti da una decina d’anni, per lei che ora ne ha trenta. A riportarlo è il quotidiano La Stampa, riferendo che le avvocate della donna, Stefania Agagliate e Silvia Bregliano, hanno trovato per lei una sistemazione di fortuna, perché un luogo protetto per lei, a cinque mesi dalla denuncia, non c’è, mentre l’uomo è libero.
La gip Paola Odilia Meroni nei giorni scorsi ha ordinato per l’indagato – accusato di maltrattamenti e lesioni aggravati – il divieto di avvicinamento ad almeno mille metri dalla donna e dai figli, il divieto di comunicazioni e il braccialetto elettronico. Il bimbo, primo figlio e maschio e per questo col permesso di andare a scuola e di imparare l’italiano, nato a Torino, ha accompagnato lui stesso in pronto soccorso la madre, egiziana, a ottobre, dopo avere aspettato la polizia, riporta il quotidiano.
Costretta ad abortire se il feto era femmina, perché “le femmine portano solo guai”, a non uscire di casa se non col marito, controllata a vista dalla suocera e dalla cognata. Obbligata ad assistere alle prove delle relazioni con altre donne del marito. C’è scritto in uno degli atti giudiziari: “Di fatto lui esercitava una facoltà consentita dall’Islam, di sciogliere il vincolo davanti a Dio ma senza formalizzare il divorzio, anzi, minacciando lei di non farlo e costringendola a stare con lui”.
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