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Paola Minaccioni: «Ho vissuto la solitudine, ma ora sono piena di passioni. Non puoi vivere una vita non tua in attesa che gli altri si rendano conto di chi sei»

Quando raggiungiamo Paola Minaccioni al telefono, dopo essere stata premiata durante la cerimonia del Premio Afrodite per il suo ruolo in Diamanti di Ferzan Özptek, ci racconta che in questi giorni è impegnata sul set di una serie tv in cui interpreta una suora: è un ruolo drammatico che, però, non riesce a nascondere il suo grande talento, quello di far ridere. «Mi stupisco sempre di quando riesco a far ridere qualcuno», ci racconta. «Credo sia veramente un miracolo, ma io sono fatta così. Anche ora, recito un ruolo drammatico, ma il bambino con cui condividevo la scena l’altro giorno, mi ha confessato, a fine giornata, che faceva fatica a fare le scene con me perché gli veniva sempre da ridere».

Paola Minaccioni «Ho vissuto la solitudine ma ora sono piena di passioni. Non puoi vivere una vita non tua in attesa che...

Lucia Casone/Getty Images

Ma cosa significa per lei riuscire a far ridere il suo pubblico?
«È un dono, una cosa sacra. Credo sia meraviglioso riuscire a mettere di buon umore qualcuno, o trovare gente che, per la strada, ti ferma e ti dice: “come mi fai ridere tu”. Poi, in teatro, ti viene anche una sorta di delirio di onnipotenza perché la gente ride, a seconda di ciò che dici o che fai».

Però ultimamente a teatro è stata impegnata con un ruolo che non è affatto comico, quello di Elena la matta.
«È stato incredibile vedere il teatro pieno per un monologo drammatico recitato da un’attrice che, come me, è conosciuta per fare altro. Mi sono presa la responsabilità di fare una scelta “anti comica”, di portare in scena la storia vera di una donna povera, ebrea, morta ad Auschwitz ed è andata benissimo: persone che venivano in massa a vedere questo spettacolo come se andassero allo stadio».

Ha scelto questo ruolo perché le pesa l’etichetta di attrice comica?
«Sono semplicemente in un momento particolare della mia carriera, quello della maturità. Sento tutta l’esperienza che sono riuscita a sedimentare in questi anni, nonostante sia ben consapevole che ogni nuovo ruolo è come ripartire da zero. Ma questo mi ha permesso di rifiutarne altri che mi volevano sempre uguale, di cercare personaggi più sfaccettati, di approcciarmi al tragico, soprattutto a teatro. E spero di continuare per questa stessa strada».

É così difficile uscire dal personaggio che gli altri ti cuciono addosso?
«Come attrici siamo soggette agli stereotipi, a essere incasellate in qualcosa di specifico: c’è l’attrice comica, quella drammatica, c’è quella che interpreta sempre la bella e via dicendo. Però, è anche difficile aver ben chiaro, all’inizio della propria carriera, chi si vuole essere: io credo di essere stata incauta con certe scelte, benché sia grata della popolarità che mi hanno dato, ma poi dentro di me ho sentito la voglia di esplorare, di mostrare che al mio lato comico si affianca anche quello tragico».

Paola Minaccioni «Ho vissuto la solitudine ma ora sono piena di passioni. Non puoi vivere una vita non tua in attesa che...

Franco Origlia/Getty Images


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