Toscana

“Non porteremo bandiere ma storie”


Anche Rondine sarà in piazza per l’Europa accogliendo l’idea lanciata da Michele Serra. Sul palco di piazza del Popolo gli studenti di Rondine della Cittadella della Pace dove ogni giorno si vive con “il nemico” e si scopre la persona dietro la bandiera. Giovani che arrivano di luoghi di guerra e accettano la sfida di convivere con chi appartiene all’altro lato del conflitto, costruendo relazioni di fiducia per trovare insieme soluzioni concrete per un futuro di pace. Un impegno di vita per un sogno concreto di pace da costruire faticosamente passo dopo passo, senza retorica, perchè “Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia”.

«Rondine — commenta il fondatore e presidente Franco Vaccari — non porterà bandiere, ma storie. Storie di dolore e di speranza, di giovani, che hanno visto e vissuto la guerra e hanno scelto una strada diversa: quella di disarmarsi, prima di tutto dall’odio e dai pregiudizi. Quella di ascoltare e fare spazio all’altro con le sue differenze ritrovandosi nella comune desiderio di spendersi per la pace a partire dal proprio passo possibile. Oggi ci troviamo su un crinale pericoloso che minaccia i fondamenti stessi della convivenza. Siamo attoniti, disorientati e il rischio che le emozioni prendano il posto della ragione è alto. Se è la paura a guidare le nostre azioni la chiusura è inevitabile e l’altro rimane fuori. Ma non c’è futuro senza l’altro. Da 27 anni i giovani che vengono a Rondine, dai vari luoghi di guerra del mondo, hanno guardato e guardano all’Europa come a un simbolo e a una possibilità di pace. Loro ci hanno insegnato a rinnovare la scommessa sull’Europa, anche quando è cresciuto il dubbio, la disaffezione. Come spesso avviene, gli altri ci fanno riscoprire il bene che possediamo e non possiamo perdere. Forse, conservando i dubbi, possiamo ritrovarci in una piazza diversa: una piazza che non urla, che non cede alla rabbia; una piazza che sceglie di sognare insieme, ancora una volta, che sceglie di credere nella possibilità della pace. Ma la pace non può essere solo un’idea o una parola svuotata dall’uso eccessivo. Non può ridursi a un concetto astratto, privo di conseguenze reali. Una pace declamata ma non vissuta genera fastidio, non speranza. Se vuole essere autentica, la pace ha bisogno di aggettivi: attiva, propositiva, giusta. Deve essere cultura della società civile, ma anche responsabilità civile e politica: perché la pace non si dichiara, si costruisce. Non ho certezze ma nel dubbio scelgo di non avere rimpianti. E non ho paura di stare sulla soglia di questa piazza».


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