Società

No ai cellulari in classe: divieto inutile od opportunità? La neuropsichiatra infantile: «Servono ore di didattica per impartire un’educazione digitale basata sulla consapevolezza»

Dall’inizio dell’anno scolastico 2025/26 è entrato in vigore il divieto per gli studenti di utilizzo di smartphone a scuola, dalle elementari alle superiori, sancito da una circolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Fortemente voluto dal ministro Valditara, il veto avrebbe lo scopo di aumentare la concentrazione durante le lezioni ed eliminare quella che, ad oggi, rappresenta indubbiamente la principale fonte di distrazione per gli adolescenti.

La norma prevede che gli studenti consegnino il proprio smartphone agli insegnanti, o lo tengano spento, all’ingresso in aula, e ne riprendano possesso solo prima dell’uscita. Nessuna pausa dalla disconnessione nemmeno per l’intervallo, l’unica deroga concessa riguarda eventuali attività didattiche che ne necessitino l’uso.

Come prevedibile però, i giovani in vista del primo suono della campanella si sono attrezzati e nel corso dell’estate su social e chat private hanno iniziato a circolare dritte su come aggirare il divieto: dal classico nascondiglio alla consegna di uno smartphone vecchio, invece di quello attualmente in uso.

Come stia andando nell’effettivo è probabilmente presto per saperlo ma al di là del successo o meno dell’iniziativa è importante capire se, a livello educativo e di sviluppo psicologico cognitivo, sia utile. Lo abbiamo chiesto a Elisa Fazzi, neuropsichiatra infantile e presidente di SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’Adolescenza.

«Credo sia una prima valida risposta al problema ma non è sufficiente per affrontarlo in profondità», spiega. Ovviamente, pretendere che studenti e studentesse nel corso delle lezioni non usino lo smartphone è una norma di buon senso perché si tratta di uno strumento che, inevitabilmente, distrae e diminuisce la concentrazione. «Le continue notifiche in arrivo e la FOMO (fear of missing out), quella paura sempre crescente nei giovani ma non solo, di essere esclusi dalle esperienze, porta a guardarlo in continuazione per l’ansia di non sapere le cose mentre stanno accadendo, con la logica conseguenza di ascoltare molto meno il professore».

I benefici della disconnessione scolastica possono poi essere molti altri, come la riduzione delle ore giornaliere passate davanti allo schermo, che per quanto riguarda gli adolescenti sono spesso elevatissime. «Questo può avere a sua volta riscontri positivi sui ritmi del sonno, ma anche scoraggiare l’isolamento sociale e favorire una maggiore socialità».

In una società in cui la violenza online tra giovanissimi è dilagante, smartphone spenti e non a disposizione delle tasche nemmeno tra una lezione e l’altra o durante l’intervallo possono aiutare anche a diminuire episodi di bullismo digitale che, spesso, si innescano proprio a causa di video girati in aula e caricati istantaneamente su chat whatsapp e social network.

Sulla carta non sembrano dunque esistere aspetti negativi legati alle decisione del ministro Valditara ma, secondo Elisa Fazzi non è del tutto così.


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