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​Nick Cave parlando della morte del figlio Arthur: «Il dolore resta, ma ho scoperto che col tempo si trasforma»

Un decennale importante per Nick Cave, vissuto tra dolore e consapevolezza. Sono passati 10 anni dalla morte di Arthur, il figlio di Nick Cave. Era il 2015 quando il musicista e cantautore australiano perse il ragazzo, al tempo 15enne, in un tragico incidente che avrebbe cambiato per sempre la sua vita (poi, nel 2022, Cave dovette dire addio a un altro dei suoi figli, Jethro, attore e modello affetto da schizofrenia e con problemi di tossicodipendenza).

Oggi Nick Cave sceglie di condividere pubblicamente il modo in cui ha attraversato e trasformato quel dolore e quel lutto, rispondendo con profonda sincerità a due lettere dei fan sul suo spazio personale online, The Red Hand Files. Un luogo dove ormai da anni l’artista risponde in prima persona a domande intime e universali, che riguardano la perdita, l’amore, la fede, l’arte.

La tragedia del figlio di Nick Cave, morto a 15 anni in un tragico incidente

Arthur Cave morì il 14 luglio 2015 a Brighton, precipitando da una scogliera alta oltre 15 metri nei pressi di Ovingdean Gap. Quella sera il figlio di Nick Cave aveva assunto LSD per la prima volta, come emerse in seguito dall’inchiesta condotta dalla polizia. Il ragazzo fu trovato gravemente ferito da alcuni passanti e morì in ospedale poche ore dopo. La famiglia, composta dal padre Nick, sua moglie Susie, modella inglese, e il fratello gemello di Arthur, Earl, fu travolta da un lutto devastante. Lo stesso artista ha raccontato in più occasioni come questa tragedia abbia radicalmente cambiato il suo modo di vivere, creare e stare nel mondo. Da quel momento in poi, la sua musica e la sua comunicazione pubblica si sono fatte più vulnerabili, essenziali e spirituali.

Nick Cave e la moglie Susie Bick in uno scatto dell'inverno 2015.

Nick Cave e la moglie Susie Bick in uno scatto dell’inverno 2015.

Samir Hussein

Nick Cave racconta come ha attraversato e superato il lutto per la morte di Arthur

Nel decimo anniversario della morte di Arthur, Nick Cave ha risposto a due domande ricevute sul portale The Red Hand Files. La prima: «Questo dolore dura per sempre?»; la seconda riguarda gli insegnamenti tratti dal musicista e da sua moglie Susie in questi 10 anni. La risposta di Nick Cave vibra di sincerità ed emotività: «Il dolore resta, ma ho scoperto che col tempo si trasforma. Si piega su se stesso, diventa meno caotico e più una sorta di accompagnamento tranquillo, costante. È come se il dolore si integrasse nel tessuto stesso della vita». Quindi ha aggiunto: «Non è più una ferita aperta, ma una presenza silenziosa che convive con l’amore. Percepisco Arthur ovunque, non come un fantasma, ma come una forza vivente che guida e consola». Il musicista ha quindi confidato: «Oggi non provo né diffidenza, né sospetto verso il mondo, anche se il mio cuore si frantuma per quello che accade. E non sono disperato, depresso o amareggiato. Anzi, credo che il cuore spezzato sia la risposta più proporzionata allo stato del mondo, dire ti amo significa dire il mio cuore si frantuma per te, e questo sentimento vibra in ogni cosa, portando chiarezza tanto al mondo che abbiamo davanti, quanto a quello oltre il velo. Il dolore diventa uno stile di vita, fatto di risa e di lacrime, con pochissimo spazio tra le due. È un modo di stare al mondo, di amarlo, di venerarlo. Ho letto questa lettera a Susie, e anche lei è d’accordo che col tempo le cose migliorano. Mi ha ricordato che 10 anni fa i suoi sogni su Arthur erano spaventosi, paesaggi bruciati e desolati, pieni di vergogna e pianto. Ma mi ha detto che Arthur la visita ancora ogni settimana. Ha sempre la stessa età, circa dieci anni. Non succede nulla di straordinario: si limita a stare con lei. A volte lei gli allaccia le scarpe. A volte gli pettina i capelli. Altre volte lui le si accoccola in grembo e le cinge il collo con le braccia. Di recente ha fatto un sogno in cui Arthur aveva un bottoncino al posto del naso, e premendolo si accendeva una piccola luce blu. Non c’è disperazione, né rimorso in questi sogni. Piuttosto, una gioia semplice, limpida. Non so cos’altro io abbia imparato, se non che siamo ancora qui, 10 anni dopo, a vivere nel cuore radioso del trauma, il luogo in cui tutti i pensieri e i sogni convergono, dove risiedono insieme la speranza e il dolore, l’occhio luminoso e colmo di lacrime del ciclone, questo ragazzo vorticoso che è Dio, come ogni altra cosa».


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