Cultura

Nada – Nitrito | Indie For Bunnies

Con la produzione elegante e penetrante di John Parish, Nada torna con uno splendido album di inediti; un disco che non è soltanto una raccolta di canzoni, ma un tentativo ostinato e necessario di riempire quei vuoti che si allargano, giorno dopo giorno, nelle nostre vite. Quegli spazi muti, invisibili eppure palpabili, che divorano i punti cardinali delle nostre esistenze, svuotandole di quei traguardi, quei sogni e quegli appigli che, nel bene o nel male, le generazioni precedenti avevano eretto a rifugio e a speranza.

Credit: Press

Nada canta per chi si sente sospeso, per chi abita questo presente fragile, frastagliato, frammentato e precario, in cui ogni cosa sembra negoziabile, ogni emozione filtrata, ogni rapporto ridotto ad un dato da elaborare. E allora la sua voce — insieme a queste trame sonore in bilico tra spoken word, melodie cantautoriali italiane dall’anima blues-rock e un trip-hop minimale e viscerale — diventa non solo una carezza, ma un richiamo a resistere, a cercare un senso dove tutto sembra averne smarrito uno e, soprattutto, a fare un passo avanti, anche inciampando, anche controvento.

È un disco che invita a smettere di calcolare, di misurare il valore delle nostre azioni attraverso la trappola sottile dei costi e dei benefici, rifiutando quella logica utilitaristica che ci trasforma in ingranaggi distratti di un meccanismo digitale che pretende di dettare persino i battiti del nostro cuore. Nada, invece, ci indica il suo personale orizzonte di bellezza e di sopravvivenza emotiva: le cose che ama, i gesti che le ricaricano l’anima, le parole che le restituiscono quel senso di urgenza e di libertà che la nostra società di regole e prescrizioni tenta, invece, di addomesticare. È una propensione blues, quella che percorre queste canzoni — un blues del tempo e della vita, che non si concede gratuitamente ma va strappato, difeso e riconquistato attimo dopo attimo.

Come scrisse Don DeLillo, uno dei grandi testimoni letterari del Novecento, “La paura del tempo che passa è una paura antica. Ma ora ci sta divorando dall’interno, senza lasciarci alcun indizio.Nada sembra voler ribaltare questo destino, raccogliendo indizi sparsi in ogni nota, in ogni frase scabra e veritiera, in ogni suono che si fa carne e spirito, trasformando la paura in resistenza e la malinconia in una forma sottile di coraggio. Le sue canzoni abitano, fiere, uno spazio tutto loro: autobiografiche, certo, ma capaci di farsi paesaggi emotivi e sensoriali nuovi, obliqui, catartici. Un canto anarchico e visionario che si oppone a qualsiasi brutta notizia, a ogni giornata storta, a ogni ricatto emotivo, a ogni forzatura sociale, a ogni accidentata sfortuna. E proprio in questo risiede la loro forza, nel ricordarci che il tempo non è una moneta da barattare, ma una piccola eternità da abitare, ogni giorno, con ostinazione e grazia.


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