Morto Lucio Villari, il professore che voleva “portare la storia fuori dall’accademia”. Volto tv e firma di uno dei più noti manuali per la scuola
Il suo volto è diventato riconoscibile negli ultimi trent’anni per essere stato capace di indossare anche l’abito del divulgatore in tv – in particolare sulla Rai – della materia su cui tanto aveva studiato. Il mondo accademico ricorda uno dei più grandi intellettuali i cui studi si sono concentrati in particolare nel periodo tra il Settecento e il Novecento e in particolare la Rivoluzione francese, quella industriale e l’affermazione del capitalismo, il Risorgimento italiano. Villari è morto domenica sera al Policlinico Gemelli, aveva 91 anni, essendo nato a Bagnara Calabra (in provincia di Reggio Calabria, il 26 agosto 1933. Ai familiari sono arrivate vicinanza e cordoglio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che si dice “addolorato per la scomparsa” di Villari”. Il professore, ricorda il capo dello Stato, è stato uno “studioso insigne e fine intellettuale, riferimento di generazioni di storici, uomo di grande cultura, capace di coniugare rigore scientifico e passione per la democrazia e la giustizia”. Il fratello di Lucio Villari, Rosario, morto nel 2017, era un altro nome noto della storiografia, soprattutto a studenti e genitori di una o due generazioni per essere stato autore di uno dei testi scolastici di storia più diffusi. Insieme avevano scritto La società nella storia, manuale per la scuola media pubblicato alla fine degli anni Settanta. A ricordare Lucio Villari, tra gli altri, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il ministro della Cultura Alessandro Giuli e il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto: “Lucio Villari è stato uno dei maggiori storici italiani – dichiara Giuli -. Uno studioso raffinato che ha saputo analizzare in profondità i principali snodi della storia nazionale e le dinamiche economiche internazionali, sempre con la massima libertà intellettuale. Intere generazioni di studenti si sono formati sui suoi manuali di storia”. “La Calabria piange uno dei suoi figli più illustri – aggiunge Occhiuto -. Grande intellettuale, studioso rigoroso e profondo, Villari ha dedicato la sua vita all’insegnamento della storia contemporanea, diventando un punto di riferimento assoluto per tanti giovani e per diverse generazioni di storici”.
Paolo Mieli, conduttore di Passato e Presente (in onda tutti i giorni su Rai3 all’ora di pranzo), ricorderà Lucio Villari aprendo l’ultima puntata registrata col professore e programmata per martedì 18 marzo, dedicata a I promessi sposi. “Abbiamo avuto per tanti anni Lucio Villari ospite del programma e sempre abbiamo potuto apprezzarne la passione, la curiosità, la lucidità del ragionamento – dice Mieli -. Ma anche l’inconfondibile tratto umano. Con lui negli anni abbiamo parlato di storia, ma anche di cinema, di letteratura, di teatro, di musica, perché nessuno aspetto della cultura gli era estraneo. Come ad ogni vero intellettuale”. Nella puntata Villari si sofferma con Mieli su quella “intrusione” di un signorotto (Don Rodrigo) nei progetti di vita di una coppia di giovani popolani dal quale Alessandro Manzoni prende spunto per trasformare un modesto fatto di cronaca nel il primo romanzo storico della letteratura italiana, capolavoro di fama internazionale. “Lucio Villari era uno storico di scuola meridionalista che leggeva gli eventi con impegno – aggiunge Corrado Augias ai cui programmi Villari ha partecipato spessissimo come ospite – E il suo impegno era una difesa – lui che era calabrese – dell’Unità d’Italia e del valore che quell’impresa, compiuta da Garibaldi nel 1860, aveva per la nostra convivenza. Lì ha dato il meglio della sua scienza e della sua passione”.
Villari è stato professore di storia contemporanea a Roma Tre, dove ha svolto tutta la carriera accademica. Alla ricerca universitaria ha unito sempre una brillante capacità di divulgatore sia per la carta stampata (ha collaborato a lungo con Repubblica, fin dalla fondazione nel 1976, chiamato dall’amico direttore Eugenio Scalfari) che, appunto, per la televisione: è stato membro del comitato scientifico dei programmi Rai Il tempo e la storia e Passato e presente (fino alla scorsa settimana ha collaborato ad alcune puntate).
Da storico che amava “portare la storia fuori dall’accademia“, come amava dire lui stesso, – e come ricorda Paolo Martini su AdnKronos – Lucio Villari, fin dagli inizi degli anni Settanta volle impegnarsi nel campo della divulgazione, come testimoniano i suoi primi saggi dalla scrittura efficace scritti per la Storia universale illustrata, una popolare enciclopedia di Fabbri Editore pubblicata a partire dal 1971. Nel 1989, in occasione dei 200 anni della Rivoluzione francese, curò 1789-1799. I dieci anni che sconvolsero il mondo con Giorgio Dell’Arti, sette fascicoli pubblicati con Repubblica che arrivarono a vendere 700mila copie l’uno. Sulla stessa linea divulgativa ha realizzato Il Risorgimento. Storia, documenti, testimonianze, otto volumi pubblicati dal Gruppo Espresso nel 2007, e Italiani. Storia e storie di un popolo dal 1861 ad oggi (con Corrado Augias, La Repubblica-Espresso-Eri, 2010).
Lucio Villari ha scritto numerosi saggi sulla storia dal Settecento al Novecento, in particolare sulle idee e sulla vita sociale. Tra questi Il capitalismo italiano del Novecento (Laterza, 1972), Settecento adieu. Cultura e politica nell’Europa dei lumi (Bompiani, 1985), con cui ha vinto il Premio Nazionale Rhegium Julii per la saggistica, La roulette del capitalismo (Einaudi, 1995). Romanticismo e tempo dell’industria. Letteratura, libertà e macchine nell’Italia dell’Ottocento (Donzelli, 1999), Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento (Laterza, 2009), che gli è valso il Premio Benedetto Croce per la saggistica e che è stato appena ristampato; Notturno italiano. L’esordio inquieto del Novecento (Laterza, 2011), La luna di Fiume. 1919: il complotto (Guanda, 2019).
Tra gli altri lavori notevoli spicca il volume Le avventure di un capitano d’industria, pubblicato in prima edizione da Einaudi nel 1991: è il racconto del’Italia dei primi trent’anni del Novecento, un paese di capitani d’industria senza scrupoli, di dannunziani “venturieri senza ventura” tra guerra e pace, dove vengono presentate le vicende che hanno avuto tra i protagonisti, visibili e invisibili, manager e uomini d’affari come il fondatore della siderurgia italiana Oscar Sinigaglia e il fondatore della Fiat Giovanni Agnelli. Il libro si allarga poi alla nascita dell’Ilva, dell’Iri, la crisi del 1929, e ai progetti e ai piani di un capitalismo “diverso”. Infine la passione per Niccolò Machiavelli: con Niccolò Machiavelli per l’appunto (Piemme, 2000) vinse il Premio Estense nel 2001, e Machiavelli. Un italiano del Rinascimento (Mondadori, 2013).
Protagonista della vita accademica e culturale, Lucio Villari è stato un appassionato cultore delle arti dello spettacolo, un amore alimentato da tante e importanti amicizie come quelle con Eduardo De Filippo, Ettore Scola e Marcello Mastroianni. Si spiega così, ad esempio, la sua partecipazione nel 1980 al film La terrazza di Scola, nel quale interpretava il ruolo del “padrone di casa” che ospita un gruppo di intellettuali e artisti progressisti. Non solo amava la musica, in particolare il jazz (era un grande amico di Lino Patruno), ma la suonava benissimo al pianoforte. Da ricordare anche una sua esperienza teatrale: nel 1986 curò la riduzione, l’adattamento e la regia di un classico della letteratura francese dell’Illuminismo. le Lettere persiane di Montesquieu, interpretato da Pino Micol (nel ruolo del protagonista), prodotto dal Teatro Stabile di Roma e andato in scena al Ridotto di Venezia in occasione del Carnevale.
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