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Minori sotto pressione: l’Italia e il raddoppio degli psicofarmaci tra i 12 e 17 anni. Claudio Mencacci della SIN: «Il fenomeno va interpretato alla luce della crescita, ben documentata, dei disturbi mentali tra i giovani»

Il rapporto AIFA 2024 evidenzia notevoli differenze tra le regioni italiane.
Nel Nord Italia, dove l’accesso ai servizi di neuropsichiatria infantile è più ampio, si registrano consumi più elevati di psicofarmaci, in particolare in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.Nel Centro-Sud, invece, le percentuali di prescrizione sono inferiori, ma non necessariamente perché i bambini stiano meglio. In molte aree di Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna, il minor uso di farmaci potrebbe riflettere una carenza strutturale di servizi, psicologi e specialisti, che rende più difficile diagnosticare e trattare i disturbi psichici in età evolutiva. Nel Mezzogiorno i bambini arrivano alla diagnosi molto più tardi, spesso dopo anni di difficoltà a scuola e in famiglia: questo porta a un minor ricorso ai farmaci, ma anche a un maggior rischio di cronicizzazione del disagio.

Le cause dietro l’aumento

Gli esperti individuano più fattori: innanzitutto, la pandemia di COVID-19, che ha amplificato fragilità già presenti: isolamento, paura, perdita di routine, stress familiare.
A questo si aggiungono l’iperconnessione digitale, la pressione scolastica, il bullismo online e la difficoltà di comunicazione tra genitori e figli. «Molti ragazzi vivono costantemente sotto pressione», spiega la professoressa Liliana Dell’Osso, psichiatra dell’Università di Pisa. «Il farmaco diventa la scorciatoia di un sistema che fatica ad ascoltare e sostenere. Ma la cura non può essere solo farmacologica: deve essere anche relazionale ed educativa».

L’importanza di comprendere il contesto internazionale e la maggiore precisione diagnostica

«Non si tratta certo di un allarme ingiustificato, ma serve capire il contesto», commenta un po’ in controcanto il Professor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia. «Il dato che più ha colpito l’opinione pubblica è quello sul raddoppio, negli ultimi anni, dell’uso di psicofarmaci nei minori. Tuttavia, occorre evitare allarmismi e leggere con attenzione il contesto in cui questi numeri si collocano. Spesso la comunicazione semplifica eccessivamente, presentando la questione come se in Italia stessimo distribuendo farmaci ai bambini. Non è così: il fenomeno va interpretato alla luce della crescita, ben documentata, dei disturbi mentali tra i giovani».

«Questo aumento non ci sorprende, perché è parallelo all’incremento della prevalenza dei disturbi mentali nei giovanissimi che stiamo rilevando in questi ultimi anni», aggiungono i presidenti della Società Italiana di Psichiatria Antonio Vita e Guido Di Sciascio. «Si tratta di un trend in crescita segnalato da più parti, dalla psichiatria alla neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, e riguarda diverse condizioni patologiche».

Il professor Mencacci invita inoltre a un confronto con il resto d’Europa: «In Italia la prevalenza d’uso degli psicofarmaci in età pediatrica è dello 0,57%. Negli Stati Uniti è cinque volte superiore, in Francia tre volte, in Spagna quattro. Non siamo un’eccezione, ma piuttosto un Paese che sta cominciando a riconoscere e diagnosticare disturbi che, fino a non molti anni fa, rimanevano sommersi». È importante ricordare che circa il 50-70% dei disturbi mentali si manifesta prima dei 21 anni. «L’aumento delle diagnosi nella fascia 12–17 anni non è quindi segno di abuso di farmaci, ma spesso di maggiore attenzione clinica e consapevolezza».

Quando l’uso diventa abuso

Il professor Mencacci sottolinea anche un problema nel problema: la necessità di distinguere tra uso appropriato e uso improprio dei farmaci: «Dobbiamo preoccuparci quando i farmaci vengono assunti fuori da un controllo medico, rubando ricette, sottraendo confezioni in famiglia o usandoli come sostanze d’abuso. Ma non possiamo demonizzare la terapia farmacologica prescritta in modo corretto. Un farmaco, quando indicato da un medico specialista, fa parte di un percorso di cura basato su diagnosi, monitoraggio e obiettivi terapeutici chiari. I farmaci non sono il nemico: l’abuso sì».


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