Meloni ripudia l’Europa di Ventotene. E la Camera s’infiamma
Roma, 19 mar. (askanews) – “La mia Europa non è quella del
manifesto di Ventotene”. Detta così, l’affermazione della
presidente del Consiglio Giorgia Meloni, fatta nell’aula della
Camera al termine della sua replica al dibattito sulle sue
comunicazioni in vista del Consiglio europeo di domani e
dopodomani, avrebbe sicuramente amareggiato quanti nel testo
scritto nel ’41 dagli oppositori del regime fascista al confino
nell’isola, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, e poi pubblicato
da Eugenio Colorni che ne firmò la prefazione, hanno sempre visto
un testo fondante per la costruzione di “un’Europa libera ed
unita”. Ma la premier, affermando di sperare che quanti avevano
partecipato alla manifestazione di sabato scorso a piazza del
Popolo “in realtà non avessero mai letto” il manifesto di
Ventotene, “perché l’alternativa sarebbe francamente spaventosa”,
e, soprattutto, scegliendo di leggerne in aula solo quei passaggi
che, a distanza di tanti anni, e considerato il particolare
momento storico in cui furono scritti, appaiono molto distanti
dalla sensibilità democratica contemporanea, è stata interpretata
dalle opposizioni come un’inaccettabile provocazione.
La premier ha infatti citato i passaggi: “Per rispondere alle
nostre esigenze la rivoluzione europea dovrà essere socialista”;
“la proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta”;
“nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non debbono
già essere amministrate ma create, la prassi democratica fallisce
clamorosamente” e “la metodologia politica democratica sarà un
peso morto nella crisi rivoluzionaria”. Un modo per rivelare il
modello rivoluzionario-socialista che Spinelli e Rossi pensavano
servisse a realizzare l’Europa unita. Al che le opposizioni sono
andate su tutte le furie.
Dopo una prima interruzione della sua replica, quando Meloni ha
terminato il suo intervento e il capogruppo di Azione Matteo
Richetti ha preso la parola per spiegare che la premier non
poteva strumentalizzare un manifesto scritto dopo anni di
“dittatura fascista”, il capogruppo di Fratelli d’Italia Galeazzo
Bignami si è alzato in piedi dicendo: “Basta, piantala”,
suscitando ulteriori proteste delle opposizioni che hanno reagito
in maniera rumorosa gridando “fuori, fuori”. I deputati del Pd
Debora Serracchiani e Peppe Provenzano si sono avvicinati ai
banchi del governo per dire a Meloni che “se siamo qui è anche
merito del manifesto di Ventotene”. A quel punto è scattata la
bagarre e il presidente della Camera Lorenzo Fontana si è visto
costretto a sospendere la seduta e a convocare i capigruppo. I
quali poco dopo hanno deciso che la seduta sarebbe ripresa solo
nel pomeriggio, al termine del Question time.
“La polemica su Ventotene è stata creata ad arte dalla
presidente Meloni”, ha sottolineato il leader del M5s Giuseppe
Conte alla ripresa dei lavori. “Voi – ha aggiunto l’ex premier –
sfiorate l’irriconoscenza. Se Meloni siede al Consiglio europeo,
se si fa le foto e dialoga con altri leader europei è grazie a
quei fondatori, a Spinelli, Colorni, Rossi. Tutta l’Europa ci
riconosce che quello è stato il progetto fondativo dell’Europa”,
ha tuonato Conte.
Ancora più duro l’intervento della segretaria del Pd Elly
Schlein: “Meloni oggi ha deciso di oltraggiare la memoria
europea. Il ‘Manifesto di Ventotene’ è riconosciuto in tutta
Europa come la base su cui si è fondata l’Unione e quel documento
fu scritto da dei giovani mandati al confino dai fascisti, che
non risposero all’odio con altro odio, ma con la visione di
un’Europa federale che superasse i nazionalismi che producono
soltanto guerre, come oggi”. Dunque, “non permetteremo che
riscriviate la storia”.
La bagarre alla Camera, ha sintetizzato la capogruppo di Italia
Viva alla Camera, Maria Elena Boschi, è servita solo a coprire le
divisioni della maggioranza: “Abbiamo assistito all’ennesimo show
dell’influencer Meloni: dopo un intervento scialbo, il grande
colpo di teatro finale, l’attacco al manifesto di Ventotene che
serve per stare sui giornali domani”, per evitare che si occupino
“delle divisioni della maggioranza e della mancanza di una linea
chiara al Consiglio europeo”.
Di sicuro, il manifesto di Ventotene è un testo molto apprezzato
dal Capo dello Stato Sergio Matterella, il quale nel 2021, in
occasione dell’80esimo anniversario del libro, aveva affermato
che “quella sollecitazione a difendere la libertà e la
democrazia, che allora veniva fatta in quelle condizioni, in quel
contesto così difficile che richiedeva coraggio e determinazione,
vale ancora oggi pienamente”. “E non a caso – aveva detto
Mattarella al 40esimo seminario per la formazione federalista
europea – si accompagnava allora e si accompagna anche adesso
all’esortazione di percorrere più velocemente la strada
dell’integrazione europea. Come presidio, anche quello, dei
valori di libertà, democrazia, di diritti. E’ questo che rende
quel Manifesto, per quello che allora rappresentò, per quello che
oggi rappresenta, un punto di riferimento”, aveva sottolineato il
presidente della Repubblica.
Forse è per questo che oggi, nel corso del tradizionale pranzo
di lavoro al Quirinale che segue ogni comunicazione del premier
in vista del Consiglio Ue, non c’è stato un faccia a faccia tra
Mattarella e Meloni. In passato il Capo dello Stato e la premier
avevano colto l’occasione per uno scambio a due, ma oggi questo
non è accaduto.
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