L’allarme silenzioso. Ragazzi: oltre l’11% degli altoatesini vittima di cyberbullismo – Cronaca
La sicurezza è una questione complicata. Nel senso che chi la minaccia non sta mai fermo, è come se il fronte fosse sempre mobile e fluido. Ora sta sul cyber. Che è tutto quello che ci circonda da quando ci svegliamo a quando, a fatica, ci mettiamo a dormire tra sollecitazioni visive continue. Per dirne una: il bullismo.
“E’ l’insicurezza che aggredisce i più fragili, i minori” dice Ulli Mair. Una forma tra le più subdole quella del cyberbullismo. La paura di essere esposti, le immagini che non si cancellano, la minaccia in rete che appare e scompare e sfugge allo sguardo degli adulti. “In Alto Adige oltre l’11% degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni ha dischiarato di essere stato vittima di episodi di cyberbullismo”: mette giù i dati l’assessora provinciale anche alla sicurezza e alla prevenzione della violenza. Non è poco. E’ tantissimo.
E questi numeri si affiancano a quelli della insicurezza percepita o vissuta dagli adulti nelle strade o a fronte di fenomeni che stentano ad essere controllati e gestiti. In sostanza: le trincee si moltiplicano, vanno dal privato al pubblico entrando nelle vite di ognuno. “Ma ogni giorno attiviamo sempre più azioni di contrasto – spiega Ulli Mair – e lo facciamo in stretta collaborazione tra istituzioni e forze di polizia. Probabilmente come mai in passato”.
Assessora, la prevenzione, anche nei confronti dei minori?
“Va attivata su più aspetti. Educazione, ascolto e protezione. E’ una prevenzione che non si limita al contrasto ed è quella su cui la Provincia ha il dovere di agire”.
Ci sono strumenti?
“Campagne mirate. Tra polizia e scuole si tratta di progetti che promuovono l’autodeterminazione dei giovani e le rendono protagonisti essi stessi della prevenzione. Ma anche percorsi formativi rivolti a insegnanti e a genitori”.
Pure gli adulti dunque vanno coinvolti?
“E’ decisivo che le famiglie siano in grado di riconoscere i segnali e che il personale scolastico disponga degli strumenti necessari per intervenire in tempo.”.
Al centro c’è il web tutti gli apparati che ormai fanno parte del quotidiano di ogni generazione?
“Intorno ai giovani è fondamentale rafforzare la presenza digitale positiva”.
Direttrici di avanzamento?
“Occorre favorire ambienti online sicuri, dove il dialogo prevalga decisamente sull’isolamento. E pure sull’aggressività”.
Una cultura della sicurezza da ampliare?
“Quella digitale non può limitarsi alla dimensione tecnica. Alla semplice dotazione di strumenti o alla loro negazione. Deve essere sociale, educativa e pedagogica. In un momento storico in cui la tecnologia è parte integrante della vita dei giovani, serve costruire un contesto che promuova consapevolezza, responsabilità e senso critico”.
In questo può diventare strategico l’affiancamento delle forze dell’ordine alle strategie della politica e delle istituzioni?
“Sono nostri alleati. Un supporto decisivo. E nessuno dovrebbe esitare a coinvolgerle quando necessario. E’ questa consapevolezza collettiva che penso sia necessaria e prioritaria. Perchè rappresenta la base di una vera cultura della sicurezza digitale condivisa”.
Al centro c’è sempre il telefonino…
“E’ un supporto, un aiuto ma può essere anche un’arma. Sta qui la questione. Spesso chi viene aggredito su questo piano si sente improvvisamente solo, non sa come reagire, teme lo stigma sociale. Per questo serve prevenire. Ma anche educare figli e genitori a parlarsi e a dotarsi di un approccio condiviso all’uso delle tecnologie”.
I genitori spesso non li hanno questi strumenti?
“C’è chi li sa maneggiare poco, altri che non avvertono i segnali che qualcosa sta succedendo in grado di toccare la vita dei figli senza far rumore. E’ in questi angoli bui sia della tecnologia che nei rapporti tra adulti e minori che servono le campagne, le informazioni”.
E le scuole?
“Sono l’anello di congiunzione tra famiglie e studenti. Vedono tutti i giorni in ragazzi, devono essere posti in grado di percepire le anomalie nei loro comportamenti e i poterli fare anche maneggiando gli strumenti tecnologici attraverso cui si verificano le aggressioni e i fenomeni di bullismo digitale”.
Poi c’è la sicurezza in generale. Tema anche di scontro politico, di possibili strumentalizzazioni e polemiche.
“Su questo fronte sono convinta si possa fare di più ma serve anche dire che mai come ora la collaborazione tra forze dell’ordine, polizia urbana, istituzioni è stata così stretta e coordinata”.
Serve più presenza sul territorio?
“E’ stata messa in campo ma la questione non tocca solo l’aspetto repressivo anche se servirebbe una più puntuale corrispondenza tra reato compiuto e pena conseguente. Ma so anche che le carceri sono in difficoltà “.
Che accade a Bolzano e in Alto Adige?
“Avverto una qualche predilezione dell’immigrazione spesso irregolare per il nostro territorio. Sanno che qui l’accoglienza è a maglie larghe. Altrimenti non comprendo come mai i flussi maggiori non siano d’estate, dove la situazione di contesto anche meteorologico sarebbe favorevole, ma d’inverno, nonostante che qui al nord, a differenza di altre zone d’Italia come il sud, faccia più freddo”.
Si è data una risposta?
“I centri di accoglienza sono poco filtrati. Nel tam tam migratorio si dice che qui ci sono meno problemi che altrove. Ma questo crea uno squilibrio e aumentano le presenze critiche di persone che si dedicano agli atti più odiosi, quelli legati alla microcriminalità”.
E’ qui che si annida il rischio di un aumento della percezione del rischio?
“Certo, nello spaccio sotto casa, nella minaccia personale, nell’ aggressione, nelle risse tra immigrati. Tutto questo crea un contesto di minore sicurezza. Penso tuttavia che stiamo facendo molto, che la collaborazione stia dando i suoi frutti e che anche la maggiore presenza di personale in divisa sulle strade e nelle piazze sia di grande aiuto e un ottimo contrasto all’insicurezza”.
Dati statistici e percezione a confronto: vandalismo, degrado e insicurezza in Alto Adige
La maggior parte della popolazione altoatesina si sente relativamente tranquilla nel proprio quartiere, ma si segnala una sensazione dell’aumento del degrado urbano e, soprattutto la sera nei centri maggiori, è aumentata la percezione di insicurezza.
Nel complesso, i fenomeni più frequentemente segnalati sono la presenza di vagabondi (20%), atti di vandalismo (17%), seguiti da persone che si drogano (8%) o che spacciano droga (7%). La percentuale di cittadini e cittadine che, nell’ultima raccolta dati dell’ASTAT, dichiara di non uscire mai da sola o di non uscire mai quando è buio, è rimasta relativamente stabile nel tempo, oscillando tra il 6% e il 10%, con una lieve tendenza all’aumento negli ultimi anni ma una notevole discrepanza tra i generi.
La sensazione di insicurezza cresce dunque soprattutto tra chi vive nei centri maggiori, tra le donne e in fasce orarie/luoghi con maggiore visibilità del degrado (vandalismo, persone in stato di marginalità) e risulta influenzata non tanto dai reati denunciati, ma dall’esposizione mediatica, dal degrado urbano e dalla qualità del presidio sociale sul territorio.
I dati statistici, comunque, mostrano come la Provincia di Bolzano non è tra le aree a rischio in ambito nazionale, ma alcuni reati come furti e rapine segnalano un aumento soprattutto nei centri maggiori. Eurac e altri centri di ricerca provinciali hanno elaborato progetti che esplorano altri aspetti meno visibili come quello che riguarda la marginalità sociale, il ruolo dell’abitare collettivo, la sicurezza urbana integrata con politiche sociali e d’integrazione.
Questi studi suggeriscono che adottare provvedimenti e progetti che riguardano la prevenzione di fenomeni di degrado sociale quali servizi di prima accoglienza, aree ricreative presidiate e altre attività di prevenzione al degrado, oltre agli interventi mirati di ordine pubblico possano ottenere risultati efficaci sia nel contrastare i reati sia nel mitigare la sensazione di insicurezza delle cittadine/i.




