La storia europea insegna che la pace in Medio Oriente non è impossibile
Il conflitto in Terra Santa arriverà presto a ottant’anni di storia. Aggiungendo i decenni di contrasti e rivolte del mandato britannico tra le due guerre mondiali è oltre un secolo che una prospettiva di convivenza non trova ascolto. In questa lunga stagione che ha visto cambiamenti epocali, stravolgimenti di potenze imperiali, costumi e assetti, ciò che non è mutato è il fallimento reiterato e insistito della politica internazionale a ricondurre israeliani e palestinesi verso il primo necessario passo: riconoscere l’esistenza dell’altro. Non vi potranno essere due stati o qualsiasi altra soluzione se gli uni non ammetteranno che gli altri, prima di ogni altra cosa, hanno il diritto di esistere.
Storie secolari, di potenze o persecuzioni passate, di religioni universali, spiritualità uniche nella storia dell’umanità, di particolarismi molteplici accanto a pagine di civiltà indelebili, non riescono a produrre rispetto e convivenza. Le differenze sono meno delle consonanze: una storia di patriarchi e profeti biblici le accomuna, il senso della storia, la fede in un Dio unico e tanto altro dovrebbe essere la base da cui partire. Guerre, morti e contrasti sono non meno delle generazioni passate convivendo e rispettando l’altro, tra le sponde del Mediterraneo e nelle terre ora martoriate.
Tutte storie e narrazioni, queste, che guardano a Gerusalemme e il fazzoletto di terra che la circonda come ideale del proprio immaginario, che purtroppo non parla agli altri. E’ un patrimonio unico, questo, che va speso al meglio, va raccontato agli altri, va spiegato e coltivato in un confronto fattivo e arricchente, come non si riesce più a fare, quando la catena dei morti e delle tragedie chiude ogni voglia di ascoltare. Solo la cultura, laica e religiosa, può dove la politica ha fallito e fallisce. Solo la ricerca delle tante parole comuni può guidare il silenzio rotto dalle armi e dai morti.
Bisognerebbe forse cambiare narrazione e dimenticare per un attimo la conta sterile dei torti altrui e dei propri diritti e interrogare l’altro dal profondo di una storia culturale e religiosa unica per cercare quei principi, che non mancano, di condivisione, accettazione e dialogo con l’altro. Ebrei, cristiani e musulmani ne hanno costruiti nei momenti migliori della loro storia e possono, devono, far prevalere ciò che accomuna rispetto a ciò che divide. Ed è tanto, è soprattutto un linguaggio che è fatto forse di declinazioni diverse, eppure condividendo gli stessi valori.
Nessun luogo come Israele e la Palestina ha storia, tradizione e cultura per un dialogo faticoso ma fattivo, nessun luogo come Palestina e Israele può generare contrasti insanabili se la pretesa di uno non riconosce l’altro e se prevale la differenza dei dettagli, se Gerusalemme non diviene il luogo per tutti ma rimane la terra frantumata da muri e sorde rivendicazioni attraverso confini continuamente ridisegnati. E’ difficilissimo ma non impossibile.
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