La più famosa truffa su WhatsApp ora sbarca su Telegram
Negli scorsi mesi ne avevamo già parlato: su WhatsApp si erano moltiplicati i messaggi da numeri sconosciuti che promettevano compensi altissimi in cambio di semplici like a video YouTube. Bastava mettere un “mi piace”, inviare uno screenshot e — almeno in teoria — si ricevevano 5 euro. Ma quella che si presentava come un’offerta di lavoro era in realtà un sistema truffaldino per ottenere dati sensibili o convincere gli utenti a dare accesso ai propri conti bancari.
Ora la stessa truffa è ricomparsa su Telegram, con qualche variazione che la rende ancora più insidiosa.
Su Telegram è più facile nascondersi (e fingere che tutto sia vero)
A differenza di WhatsApp, Telegram non mostra il numero di telefono dell’interlocutore, rendendo molto più difficile capire da dove arriva il messaggio. La truffa inizia direttamente sulla piattaforma, senza bisogno di essere indirizzati altrove, e assume subito toni più “professionali”.
La dinamica è simile: viene proposta una collaborazione part-time ben pagata, dove basta mettere like a video YouTube e inviare una prova per ricevere un compenso immediato. Ma la vera differenza sta nel contesto costruito.
Nei gruppi o nelle chat Telegram coinvolte, ci sono infatti diversi utenti finti con nomi italiani — tipo “Sofia Bianchi” o “Aurora Romano” — che partecipano attivamente alla conversazione. Usano un linguaggio formale e studiato, scrivono messaggi del tipo “Sono stato pagato e sono entrato ufficialmente a far parte della task force di Telegram” o “Ho terminato la missione!”, creando un clima di finta affidabilità e pressione sociale.
Un occhio attento noterebbe però alcuni errori nel testo come una ragazza che parla al maschile o “telegramma” al posto di Telegram. Interessante anche il fatto che ci siano anche dei falsi contestatori che esprimono dubbi sul sistema, ma che poi si ricredono perché scoprono che il sistema funziona.
Ovviamente è tutto studiato a tavolino.
L’obiettivo resta lo stesso: il conto bancario
Anche su Telegram, l’obiettivo finale dei truffatori è convincere le vittime a fornire i propri dati personali e — soprattutto — un IBAN o un account bancario per ricevere i pagamenti. In particolare, si suggerisce spesso di usare Revolut, accompagnando il tutto con “tutorial” creati ad hoc per far iscrivere nuovi utenti.
Come già visto su WhatsApp, si evitano soluzioni sicure come PayPal, accampando scuse strane (“ci sono problemi tecnici con PayPal” o “non garantisce il primo pagamento”), mentre il tono delle risposte diventa sempre più vago e automatizzato quando si chiedono prove concrete o chiarimenti.
Anche stavolta, tutto sembra troppo facile per essere vero. E infatti non lo è.
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