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La passione per i cani, la sfilata con Gucci, gli alberi e gli insetti che ama studiare: ritratto di Lucio Corsi, il ribelle gentile che porta l’Italia all’Eurovision

Fenomeno Lucio Corsi. Il cantautore toscano, con il suo look tra il dandy bohémien e il rocker fuori dal tempo, ha incantato il pubblico del Festival di Sanremo con Volevo essere un duro, una ballata intensa che racconta il paradosso di chi sogna di essere spavaldo, ma trova la sua vera forza nell’accettare la propria vulnerabilità.

Dopo essersi classificato secondo per soli otto voti. Luci Corsi ha ricevuto una notizia che ha cambiato tutto: il vincitore, Olly, ha rinunciato a rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest 2025, e così la Rai ha affidato l’incarico a lui. La sua reazione? Un post su Instagram che dice tutto: «Ci vediamo all’Eurovision. Ho sempre inseguito le chitarre in fuga dalle custodie, i pianoforti scappati dalle case, le armoniche soffiate dal vento, rincorrerò gli strumenti anche stavolta. Grazie a tutti, sono molto felice».

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Nato a Vetulonia, in Toscana, nel 1993, Lucio cresce circondato da arte e libertà creativa. Sua madre Nicoletta, pittrice, e suo padre, un artigiano dalle mille abilità – muratore, operatore Rai, lavoratore del cuoio – gli trasmettono sin da piccolo il valore dell’immaginazione. Il suo primo colpo di fulmine musicale: i Blues Brothers, che lo spingono a imbracciare una chitarra e a inseguire un sogno. La musica diventa la sua ossessione: mentre i suoi coetanei fanno sport o escono, lui passa le giornate nella sua camera a scrivere canzoni, ispirandosi a Neil Young e Bob Dylan, che ha anche visto dal vivo.

«Lucio è sempre stato un bambino tranquillo», racconta alla Gazzetta di Modena la nonna Milena, 88 anni, un’istituzione a Vetulonia perché titolare dello storico ristorante albergo di Macchiascandona, fondato nel 1959 col nonno Luciano. Oggi il locale è gestito dalle figlie Nicoletta (mamma di Lucio) e Giovanna, ma la nonna continua a preparare tortelli e a pulire verdure. Sulle pareti del ristorante, accanto alle copertine degli album di Lucio (tutte dipinte da mamma Nicoletta), ci sono foto con i clienti storici: da Brunori Sas a Sandra Milo, da Dino Zoff a Enrica Bonaccorti. «Da piccolo andava in giro per i campi a cercare insetti e lucertole e sognava di fare il paleontologo. Dal punto di vista musicale è quasi un autodidatta, ha fatto tutto da solo. Ha trovato a Grosseto un insegnante bravo, Claudio Amore, che gli ha dato le basi per il piano e ha messo a frutto quelle conoscenze provando e riprovando nella sua camera». Poi incontra Marco Ronconi, Filippo Scandroglio, Iacopo Nieri, Giulio Grillo e Tommaso Cardelli, che ancora oggi compongono la sua band, a cui non è mai stato dato un nome. «Fino alle medie, Lucio a scuola è andato molto bene, poi alle superiori, mentre gli altri andavano a Grosseto a fare sport, ha continuato a trascorrere le giornate a Val di Campo a scrivere canzoni».

Dopo la maturità scientifica, Lucio si trasferisce a Milano, città che gli offre l’ambiente perfetto per mescolare folk, rock e poesia visionaria. Esordisce nel 2014 con Vetulonia Dakar e nel 2017 pubblica Bestiario musical, un disco popolato da animali e metafore fiabesche. Ma è con Cosa faremo da grandi?, del 2020, che conquista la critica, grazie a testi che sembrano usciti da un libro di racconti surreali. Nel 2023 esce La gente che sogna, e il suo pubblico cresce, affascinato dalla sua estetica unica e dalle sue liriche fuori dagli schemi. Dopo aver contribuito alla colonna sonora della terza stagione di Vita da Carlo (su Paramount+), il cantautore compare anche nella serie di Carlo Verdoneche ha scelto di coinvolgerlo come Big in gara in un improbabile Festival con la sua direzione artistica, e dove il suo brano Tu sei il mattino assume un ruolo centrale. Nel videoclip della canzone, anch’esso diretto da Ottomano, c’è lo stesso Verdone, che compare in chiave ironica e inaspettata.




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