La Germania abbandona i suoi fantasmi

Dopo decenni di auto-contenimento, di pacifismo istituzionale e di rimozione del proprio potenziale geopolitico, la Germania si prepara a un cambio di passo che può ridisegnare gli equilibri europei.
L’annuncio del cancelliere in pectore Friedrich Merz di finanziare senza limiti il potenziale militare è risuonato come un colpo di cannone nella quiete della diplomazia continentale. Siamo di fronte a una rottura epocale, una rottura che cancella settant’anni di potenza civile e rimette al centro del dibattito europeo la questione tedesca.
È un’evoluzione che affonda le radici in una doppia crisi, saldatasi negli ultimi mesi: l’aggressione russa in Ucraina e il tradimento strategico degli Stati Uniti con l’era Trump.
La Germania comprende che il multilateralismo è tramontato, sostituito dalla logica del confronto tra grandi potenze.
La svolta non è casuale, ma l’esito di una lunga elaborazione storica.
Nella Bundesrepublik ricostruita con tenacia sulle macerie del nazismo, ogni grande cancelliere tedesco ha saputo interpretare i momenti di trasformazione: da Adenauer, che legò la fragile democrazia degli inizi all’Occidente, a Brandt con l’apertura e est dell’Ostpolitik, fino a Kohl che rinunciò al marco per integrare l’unità tedesca in quella europea.
Oggi Merz sembra raccogliere questa eredità, compiendo un balzo in avanti che ridefinisce il ruolo della Germania nel continente.
L’elemento dirompente è la rottura con la tradizione atlantista. Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, Berlino compie una scelta autonoma, capendo di non poter più contare sugli alleati americani.
La decisione di riarmarsi è considerata a un tempo necessaria e traumatica, perché impensabile solo qualche anno fa. Oggi è un imperativo categorico di fronte all’aggressività russa e all’instabilità globale.
L’imponente programma di finanziamento degli armamenti ha comportato la revisione del freno del debito pubblico, un tabù costituzionale che testimonia la portata rivoluzionaria di questa trasformazione.
La Bundesbank e la Corte costituzionale di Karlsruhe, garanti storici della stabilità tedesca, hanno discretamente avallato questa rivoluzione, dimostrando una ritrovata compattezza dell’intero sistema Paese che va oltre le contingenze immediate. E, fatto ugualmente straordinario, l’annuncio del riarmo tedesco è stato accolto con un consenso quasi unanime in Europa, a testimonianza dello sconcerto collettivo di fronte all’espansionismo russo e al ritiro strategico americano.
La Germania esce dall’ombra della propria storia, consapevole che ogni passo deve essere misurato e filtrato dal peso del suo passato ingombrante.
Non più potenza civile, né egemone riluttante termine quest’ultimo coniato dallo storico britannico dell’Europa centro-orientale Timothy Garton Ash negli anni Duemila ma potenza responsabile.
Non più paralizzata dai fantasmi del Novecento, ma aspirante protagonista di un nuovo ordine continentale.
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