La città con gli occhi della Scientifica: «Il caso del ponte giallo ha fatto scuola» – Cronaca
BOLZANO. «Noi vediamo il peggio, e non è un vanto. Siamo persone curiose, mosse dalla voglia di risolvere le cose, e allo stesso tempo poco impressionabili. Ma ciò che più conta in questo mestiere è non avere pregiudizi. A volte le cose non sono come appaiono».
Quando l’ispettore Massimiliano Califano prova a spiegare cosa accade all’interno del suo reparto – la Polizia scientifica – si finisce quasi sempre a parlare di esempi concreti. È il modo più semplice per capire che il lavoro sulla scena del crimine comincia seguendo un protocollo prestabilito e poi prende le direzioni più variegate a seconda del contesto. Il caso forse più eclatante in questo senso fu quello del “ponte giallo”. Era il 2019 e una 15enne denunciò di essere stata bloccata e violentata mentre stava tornando a casa in bicicletta. Il racconto shock mobilitò la città e impegnò le forze dell’ordine in una strenua ricerca dello stupratore.
Due mesi dopo la giovane ammise di essersi inventata tutto. «Un episodio che fu di grande insegnamento anche per noi. Quell’esperienza – dice Califano – ci ha aiutato ad elaborare un protocollo più chiaro assieme ai sanitari, oltre che una prospettiva diversa su questo tipo di denunce. La repertazione delle tracce ora viene eseguita in maniera inattaccabile dal punto di vista giuridico: dalla visita medica in ospedale alla raccolta di campioni biologici sulla vittima». La Polizia scientifica a Bolzano si trova negli uffici di Largo Palatucci, in questura. Conta su sette agenti fissi. Altri quattro sono divisi equamente nei commissariati di Bressanone e Merano. Qui vengono portati gli arrestati per il fotosegnalamento: volto ed impronte digitali che vengono memorizzati su un database nazionale.
La tecnologia e gli strumenti
Gli omicidi sono gli interventi più rari. Ogni giorno analizzano tracce e impronte che coinvolgono furti, rapine e microcriminalità. Ma anche lettere minatorie e scritte sui muri. Nei suoi oltre 120 anni di storia, gli strumenti a disposizione della Polizia scientifica sono diventati sempre più intelligenti. Il Gpr (Ground Penetrating Radar) permette di “vedere” sotto la superficie del terreno, rilevando oggetti sepolti o modifiche strutturali senza dover scavare. Il LiDAR (Laser Imaging Detection and Ranging) utilizza laser per creare mappe tridimensionali della scena, consentendo una ricostruzione accurata dei luoghi e degli eventi. Passando poi ad una serie di reagenti chimici che rendono nitide le tracce di sangue invisibili a occhio nudo.
«Con gli strumenti che abbiamo per rilevare il Dna o le impronte – continua Massimiliano Califano, in servizio da 35 anni – siamo in grado di compiere indagini con la stessa qualità degli Stati Uniti, seppur con tempi diversi. Noi siamo un Gabinetto provinciale, quindi congeliamo il materiale che recuperiamo e lo spediamo nei laboratori di Padova. Quando si interagisce con la scena del crimine si trova sempre qualcosa. Ma bisogna stare attenti a non interferire. Utilizziamo ogni tipo di protezione possibile: le tute, i calzari, mascherine e guanti, anche gli occhiali. Repertiamo impronte e oggetti in apposite buste di plastica. Dopo il femminicidio di Alexandra Elena Mocanu nell’ottobre del 2022 andammo a raccogliere il martello in autostrada.
Il caso più cruento? L’uccisione della signora Alexandra Riffeser a Merano (nel 2018 venne ammazzata dal marito con 43 coltellate, ndr)». Gli omicidi, fortunatamente, sono in forte calo in Alto Adige. Da qualche anno la Polizia scientifica si trova davanti a nuove sfide: c’è un sommerso di violenze sessuali in casa e sono in aumento i pestaggi tra le baby gang fanno sapere dal reparto. I furti sono tornati ai livelli del pre-Covid. E le telecamere in strada? Sono vitali per le indagini, ma vengono gestite direttamente dal comando della Polizia municipale che si trova in via Galileo Galilei. L’eccezione riguarda lo stadio Druso, dove la Scientifica gode di un ufficio personale in cui vengono gestiti in tempo reale i filmati su entrambe le tribune. Da qui nascono gran parte dei Daspo emessi dal questore durante le partite del Südtirol.
Le immagini immersive
Ultima, ma non certo per importanza, la fotografia. Le immagini scattate sulla scena del crimine vengono fissate su un dvd e successivamente inoltrate alla Procura, che le andrà ad inserire nel fascicolo d’indagine. Di tutto questo si prende cura Matteo Zanvettor, che ha potuto unire la passione per la macchina fotografica al mestiere di poliziotto. È capace di creare delle immagini immersive con angolo di ripresa di 360 gradi. Permette al pm di turno di capire in che ambiente si trova, navigando tra le stanze o sui tetti, senza recarsi direttamente sul posto. È accaduto per l’esplosione nella fabbrica dell’Aluminium del 21 giugno scorso, ma è stato utile anche per risalire alle cause di un banale deragliamento di un treno merci al Brennero.