Jane Goodall e l’amore per gli animali: «Chiunque li conosce sa che gli animali sono tristi o felici proprio come noi. Ad un centro punto della mia vita ho capito che dovevo proteggerli e da scienziata sono diventata attivista: dovevo agire»
Quando sale sul palco, una giovane di 91 anni, esattamente lei, così come l’hai sempre vista e come te l’aspetti, lei, Jane Goodall, la zoologa e studiosa di primati più famosa del mondo, in tanti ci alziamo ad applaudire, facciamo foto e anche i cani iniziano ad abbaiare, così intensamente che siamo convinti che non lo facciano per il fragore delle mani, ma perché l’hanno riconosciuta: lei che è stata dalla parte degli animali sin da quando è nata. Jane Goodall ha chiuso con il suo intervento le tre giornate del Vesak2025, la più importante celebrazione buddhista che ormai tradizionalmente, grazie a Ubi, Unione Buddhista Italiana, richiama sul suo palco le personalità che in ogni materia si distinguono per una particolare sensibilità verso il mondo.
Così è Jane Goodall, personaggio ispirazionale, eroina della zoologia, inventrice dell’etologia, immensa presenza umana che da quasi un secolo combatte per la protezione degli animali. Un amore che ebbe sempre quello per gli animali, una vicinanza che sentì da sempre senza barriere, scevra da ogni sovrastruttura culturale e da ogni confine. Fin da quando, come racconta lei stessa, «andavo a dormire portandomi nel letto dei lombrichi presi in giardino e mi chiedevo come facessero a camminare».
Jane Goodall sale sul palco davanti a centinaia di persone che l’aspettano sotto il sole cocente delle quattro di una domenica pomeriggio milanese, e ricambia il saluto del pubblico intonando il suo richiamo: risponde imitando il saluto degli scimpanzé – «Uhh uh uh iik iik uhhhh» -. Sono loro, gli scimpanzé, i suoi grandi amici di sempre, che hanno accompagnato la sua vita e per i quali ha rivoluzionato tutto, ha viaggiato nel mondo come loro ambasciatrice, per i quali combatte, raduna persona, le incontra e non si ferma mai.
In questo pomeriggio insieme, Jane Goodall ci ha raccontato in breve la sua magnifica storia, una storia di coraggio, di impegno, di bellezza, una storia di vita che racconta come ogni esistenza può essere meravigliosa se spesa per gli altri e nella realizzazione di un sogno.
Una storia che ci porta dai lunghi viaggi in nave verso l’Africa degli anni ’60 al futuro del nostro pianeta (sulla Terra, non su Marte, come ci ha spiegato Jane). Ci porta dentro le scelte di una donna che osserva con l’occhio attento dell’etologa anche i rappresentanti della sua specie, per capirne i bisogni e capire come farli innamorare della natura e della protezione dell’ambiente, come farli partecipare, come farli uscire dal silenzio e renderli vivi, pieni di gioia e di speranza come è lei. Racconta così Jane Goodall…
La storia di una vita coraggiosa
«Quando ero piccola non c’era la Tv, vivevo in giardino, osservando gli animali. Appena iniziai a leggere mia madre, che mi ha sempre supportata, mi portò a casa dalla biblioteca tutti i libri sugli animali che trovava. Non potevamo permetterci dei libri nuovi, la Seconda Guerra Mondiale imperversava, ma un giorno in una piccola libreria di libri di seconda mano comprai “Tarzan delle Scimmie”. Mi innamorai di Tarzan e molto gelosa perché pensavo avesse sposato la “Jane sbagliata”. Leggendolo decisi che sarei andata in Africa e avrei scritto libri sugli animali. Tutte le persone a cui lo dicevo – erano 80 anni fa – mi rispondevano: “Ma come credi di andarci in Africa, non hai soldi e sei solo una ragazza”. Mia madre, come sempre mi supportò, mi disse: “Lavora duramente, cogli ogni opportunità e vedrai che ce la farai”».
«A 18 anni ero brava a scuola ma non potevo permettermi l’università. Ho dovuto cercarmi un lavoro e ho imparato a dattilografare. Era ok, ma insomma, non proprio quello che immaginavo. In quel periodo ricevetti una lettera da una vecchia amica di scuola che si era trasferita con la famiglia in Kenya con la quale mi invitava a trovarli. Come potevo pagarmi il viaggio fino a là? Trovai un impiego nell’hotel dietro l’angolo lavorai instancabilmente per 5 mesi in modo da avere i soldi per il viaggio. Partii in nave, in un viaggio che da Londra circumnavigava tutta l’Africa fino al Sudafrica. La tappa in Sudafrica fu molto sconvolgente: c’era l’apartheid e i cartelli con scritto “solo per bianchi” non erano certo quello che mi avevano insegnato: a casa mia – mia padre era un pastore – non giudicavamo e persone per il colore della loro pelle e fui felice di lasciare presto il Sudafrica e reimbarcarmi per il Kenya».
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