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Italiani nella capitale iraniana. “Boati nella notte, valigie pronte. Ma dove possiamo andare?”


Italiani nella capitale iraniana. "Boati nella notte, valigie pronte. Ma dove possiamo andare?"

«Il giovedì sera, a Teheran, è come il sabato sera…». E allora l’altra notte, quella dell’attacco, la capitale iraniana era piena di gente che girava, chiacchierava e trascorreva una serata come tante, cercando di divertirsi. «Ho fatto un giro in automobile con alcuni amici. C’era un clima spensierato. Era il solito weekend teheranese insomma, con tanti giovani in giro», ci racconta un italiano che si trova nella capitale ed è stato testimone dell’attacco. «Sono rientrato verso le tre di notte. Stavo per mettermi a dormire, quando ho sentito un forte boato e ho subito capito che cosa stesse succedendo. Erano le 3 e 24. Ho avuto paura, perché mi è parso subito chiaro che colpissero delle abitazioni».

Il terrore è fulmineo: «Il tutto è durato qualche minuto» ci dice il nostro interlocutore che, per ragioni di sicurezza, è meglio che resti anonimo. La conversazione avviene tramite whatsapp: nonostante internet sia «un po’ instabile», la rete continua a funzionare, così come l’elettricità. Mentre comunichiamo, nel pomeriggio, la situazione è apparentemente calma: «La città è comunque tranquilla e le attività sono aperte. C’è molta preoccupazione chiaramente, ma si cerca di stare tranquilli. Sono anche uscito a prendere un caffè». Un tentativo di normalità: «I locali sono aperti. Circolano poche automobili, come è normale di venerdì. Non ci sono molte persone in giro. Certo non mi sono spinto lontano dal mio quartiere, sono rimasto vicino alla mia via. So che in piazza è stata colpita una torre». Le indicazioni del consolato

italiano, per ora, sono quelle di comportarsi con prudenza e di non uscire; niente altro, «anche perché lo spazio aereo è chiuso». Comprensibilmente, al momento c’è poco che si possa fare: «Al boato, la mia prima reazione è stata quella di vestirmi e di preparare uno zaino con lo stretto necessario. Detto ciò, poi mi sono chiesto: per andare dove?».

Già, che cosa possono fare i comuni cittadini a Teheran? Aspettare. «Sono affezionato al Paese e spero non accada nulla ai miei amici qui – ci dice il nostro connazionale – Sono tranquillo perché sono in contatto con il consolato e mi fido delle loro istruzioni, però certo ho paura che colpiscano anche abitazioni private: non ho fiducia nel comportamento di Israele, che sta dimostrando di non avere limiti. Comunque al momento mi sento tranquillo: comprerò un po’ di scorte…».

L’attacco, per chi si trova in Iran, non è giunto inatteso: «Leggendo le notizie dei giorni scorsi, sulle chiusure delle ambasciate nel Golfo, me lo aspettavo. Ma in generale qui non c’era apprensione nei giorni precedenti, anche se le informazioni erano note». In caso di altri attacchi, non sono state fornite indicazioni su luoghi sicuri o rifugi da raggiungere; né al momento ci sono ipotesi su quando i nostri connazionali potranno tornare a casa: «Dipende da come il consolato e l’ambasciata coordineranno la situazione. So che ci sono circa una decina di turisti italiani nel Paese. In precedenza, in Iran non avevo mai vissuto situazioni problematiche… Mi sono sempre sentito sicuro. In questo momento si spera che la situazione non peggiori, ma c’è molta preoccupazione».

L’attacco è stato protagonista anche sui media iraniani, in modi molto diversi, a seconda che si considerino quelli filogovernativi, i social di coloro che sono in Iran e quelli della diaspora iraniana. Sui canali legati al regime dei pasdaran, la propaganda si concentra soprattutto sulla futura risposta a Israele, con promesse di vendetta. Non viene nascosto quanto è successo, anche perché già nei giorni precedenti giravano slogan all’insegna del «noi siamo pronti». Quindi la propaganda ha toni battaglieri e parla di ritorsioni; il che era avvenuto anche dopo l’attacco precedente, quando il governo aveva cercato di ridimensionare i danni subiti e promesso una risposta… Perciò – ci dice un iranista in Italia – questa volta la risposta dovrà esserci davvero, il regime non può permettersi di perdere la faccia.

In Iran circolano però anche video in cui si vedono persone non certo tristi, anzi, quasi esultanti: sono poche immagini, anche perché è molto rischioso. Più diffusi sono un senso di sbigottimento e di preoccupazione reale.

Fra gli iraniani della diaspora invece si trova più facilmente chi esulta per l’attacco, a differenza di chi vive ancora nel Paese perché, ovviamente, chi è sul suolo iraniano ha paura di

rimanere coinvolto nel conflitto. Ci sono poi iraniani in esilio che hanno ancora la famiglia nel Paese, e costoro sono i più devastati dalla situazione: sono al sicuro, ma i loro cari no. E il pericolo più temuto è il caos.


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