Integrazione, sicurezza e welfare
A Roma, il 6 Giugno 2025, presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociologia dell’Università Sapienza, in Via Salaria 113, si è tenuto il convegno organizzato dall’Associazione Nazionale Sociologi con questo titolo e la presenza dei proff. Paolo De Nardis e Giovanna Gianturco, docenti di Sociologia alla Sapienza. Tra i numerosi relatori intervenuti da tutta Italia, è stato molto apprezzata la relazione sul tema dell’integrazione nelle scuole da parte della Prof.ssa Maria Rita Parsi, nota psicoterapeuta.
Nella foto un momento del dibattito: Da sinistra il Dr Antonio Polifrone, il Dr. Paolo De Nardis, il Dr. Pietro Zocconali e la D.ssa Anna Maria Coramusi, Vicepresid. Naz.le ANS.
L’intervento di Pietro Zocconali
Ecco qui di seguito l’intervento del Presidente dell’Assoc. Naz.le Sociologi e giornalista Pietro Zocconali,
Prima di dare la parola agli illustri colleghi e colleghe che interverranno ai lavori, volevo fare il punto sul significato dei termini che fanno parte del titolo dei lavori. Integrazione: secondo le varie definizioni, integrazione è l’inserimento di una certa entità etnica in una società, con l’esclusione di qualsiasi discriminazione razziale; il processo attraverso il quale le persone diventano parte integrante di un qualsiasi sistema sociale, assimilazione di una categoria, di un gruppo etnico in un ambiente sociale, in un’organizzazione, in una comunità etnica, in una società costituita. Il termine è anche contrapposto a segregazione, a ghettizzazione, all’esclusione di una minoranza dalla società.
A livello individuale si parla di inserimento dell’individuo all’interno di una collettività, attraverso il processo di socializzazione; inserzione, incorporazione, assimilazione di un individuo, in una comunità, in una società costituita. Nelle scienze sociali, il termine integrazione indica l’insieme di processi sociali e culturali che rendono l’individuo membro di una società. Bisogna anche precisare che tale integrazione dipende anche dalla volontà e dalla capacità di socializzazione di ogni individuo; il termine integrazione si applica quindi sia ad un sistema sociale sia al rapporto individuo sistema sociale.
Tanto per fare una citazione colta voglio parlare di Emile Durkheim; ebbene, il grande sociologo francese, tra i fondatori della moderna sociologia, ha dimostrato che quello che potrebbe sembrare un atto estremo, intimo, indipendente dalla società, il suicidio, nel saggio che ha proprio quel tremendo titolo, l’autore mette in risalto la connessione secondo la quale il suicidio varia in ragione inversa al grado di integrazione nella società dell’individuo.
In un convegno a Rocca Priora, lo scorso anno, al quale ero stato invitato assieme alla Prof. Maria Rita Parsi, si è parlato del problema dell’integrazione nelle scuole italiane. In ragione della mia età e, dalla mia esperienza scolastica, ricordo che negli anni ’50 e ‘60 del secolo scorso, quando in classe giungeva uno studente di un’altra regione italiana, veniva considerato come una mosca bianca ed era abbastanza difficoltoso per lui entrare nella comunità di ragazzi, nati tutti nello stesso quartiere; pensate oggi ai problemi che sorgono specialmente nelle periferie e nell’hinterland delle nostre metropoli, lì dove si ritrovano ad abitare gli immigrati provenienti da ogni continente.
Per fare un esempio, in riferimento al settimo municipio di Roma, che conta più di 310.000 abitanti, e che da solo potrebbe essere una delle più grandi città italiane, la decima per l’esattezza, è stato riscontrato che, nel 2023, gli alunni risultavano per il 14,3% stranieri. Oltre alla lingua madre diversa, per rendere più complesso il problema, una percentuale di questi proviene da culture, religioni, usi e costumi familiari, colore della pelle, diversi dai nostri. Naturalmente alcuni sono più avvantaggiati di altri; i romeni, ad esempio, che nel 1991 in Italia erano circa 10.000 ed ora sono più di un milione, fanno parte dell’Unione Europea; la loro è una lingua neolatina e i genitori sono, generalmente parlando, abbastanza integrati nella nostra Italia. Ma pensate ai piccoli di famiglie cinesi, o a chi proviene dal mondo musulmano, che devono apprendere il nostro linguaggio, la nostra scrittura e che sentono parlare di una religione che non è quella che professano i loro genitori: il problema è veramente da non sottovalutare; questi ragazzi hanno bisogno di insegnanti specializzati che devono aiutarli ad integrarsi; insegnanti che parlano le loro lingue materne e che gli parlano della loro religione senza lasciarli in balia di falsi profeti.
L’integrazione di questi piccoli nuovi italiani, l’apprendimento della nostra cultura, è di fondamentale importanza: non dimentichiamoci che questi studenti stranieri sono coloro che, con il loro apprendimento scolastico e la frequentazione di studenti italiani, sia a scuola che nei centri sportivi e di ricreazione, insegneranno ai genitori ad essere italiani, contribuendo molto all’integrazione dell’intera famiglia. Dal fallimento di tale integrazione sono sorte la maggior parte di “baby gang” che, specie nelle periferie delle metropoli, da qualche anno creano grossi problemi alla sicurezza dei cittadini. Infatti l’integrazione è proporzionale alla sicurezza: il fatto di essere sicuri, come condizione che rende e fa sentire di essere esenti da pericoli, o che dà la possibilità di prevenire, eliminare o rendere meno gravi danni, rischi, difficoltà, evenienze spiacevoli.
Nella FOTO Il Dr Pietro Zocconali insieme alla Prof.ssa Maria Rita Parsi
Da qualche anno anche in Italia usiamo il termine inglese welfare, consistente in qualsiasi iniziativa diretta a garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini, l’insieme di interventi e di prestazioni erogati dalle istituzioni pubbliche, finanziati dallo Stato, destinati a tutelare i cittadini dalle condizioni di bisogno e riguardanti la sicurezza. I tre termini analizzati: Integrazione, sicurezza e welfare, sono strettamente legati in modo indissolubile. Concludo dicendo che recentemente ho letto un libro che parlava dei moti carbonari, di Mazzini, Garibaldi, Cavour e compagnia bella, guerrieri di penna e spada che hanno combattuto per anni, anche a costo della vita, per raggiungere l’indipendenza della nostra nazione; dopodiché le piazze delle nostre città si sono riempite di statue equestri e busti di questi nostri eroi e martiri. A duecento anni di distanza sono le donne, le nostre mamme e sorelle, le nostre figlie che stanno combattendo per l’indipendenza, non dallo straniero ma dal maschio, e forse bisognerà iniziare ad erigere dei monumenti anche a loro, eroine e martiri.
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