Ineleggibili siciliani, blitz del centrodestra in Parlamento: in un emendamento “l’interpretazione autentica” della norma
Il meloniano Dario Letterio Daidone vince il ricorso in appello e per il momento salva il suo scranno a Palazzo dei Normanni, mentre continuano le manovre del centrodestra per salvare gli “ineleggibili” siciliani con una nuova “interpretazione autentica” della legge elettorale, presentata dai senatori forzisti Claudio Lotito e Dario Damiano, che ha già ottenuto il parere positivo del governo Meloni ed è stato presentato in commissione Affari legislativi. Pochi minuti fa, però, il testo è stato “accantonato”, se ne riparlerà il prossimo mercoledì 28 febbraio.
Nuova interpretazione autentica. Negli ultimi giorni circolava insistente la voce che i meloniani stessero provando un nuovo blitz, dopo la bocciatura del salva ineleggibili all’assemblea regionale siciliana che ha provocato uno scontro interno alla maggioranza del governatore Renato Schifani, l’ultimo tentativo era far passare un testo su scala nazionale, magari da inserire nel milleproroghe.
Ricordiamo per chi si fosse perso le precedenti puntate che i siciliani avevano presentato una “interpretazione autentica” della legge regionale 29/1951, che modificava il divieto di essere eletti all’Ars nel caso in cui si ricoprano incarichi in enti e società sui quali la regione esercita un controllo.
Blitz inopportuni. Il nuovo tentativo è stato fatto dai forzisti Lotito e Damiano che hanno presentato in commissione Affari legislativi “l’articolo 4-bis”, con una nuova “interpretazione autentica” della norma che regola la “materia di ineleggibilità ed incompatibilità” delle “cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale” e “l’incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale”. Nel testo si spiega che “in conformità con il costante orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale in merito alla necessità di tipizzare con determinatezza e precisione le cause di ineleggibilità”, il comma (7, art. 2) che si riferisce ai “dipendenti della regione, della provincia e del comune per i rispettivi consigli”, “va interpretato nel senso che la condizione di ineleggibilità in esso contenuta si applica esclusivamente ai dipendenti della Regione, a tempo indeterminato o determinato, che svolgano, al momento della candidatura al consiglio regionale, funzioni e attività amministrative”. Testo che però è stato al momento “accantonato”, bisognerà attendere la prossima seduta della commissione per la votazione. “La destra continua a tentare blitz inopportuni quanto pericolosi sulle norme che regolano i processi elettorali. Materia delicata e che ha bisogno, sempre, di riflessioni e accuratezza. Le proposte avanzate creano solo confusione e mostrano un’approssimazione preoccupante. Il sistema delle regole non può essere merce di scambio dentro la maggioranza”, riferiscono fonti del Pd.
Ricorsi in Cassazione. Pur esistendo già in Sicilia una legge regionale (1986), la nuova “interpretazione autentica” della norma (1981), modificata su scala nazionale potrebbe comunque essere recepita anche nell’isola. In questo modo, solo i dipendenti regionali non sarebbero candidabili, mentre tutti coloro che hanno incarichi in società collegate ad enti regionali sarebbero liberi di poterlo fare. Così avrebbero un’arma in più il meloniano Nicola Catania e il deluchiano Davide Vasta quando presenteranno i loro ricorsi in Cassazione, dopo aver perso entrambi in appello il loro scranno, a vantaggio dei ricorrenti Giuseppe Bica e Salvatore Giuffrida. Resta in attesa della decisione in appello un altro meloniano, Giuseppe Catania, già dichiarato “ineleggibile” dai giudici di primo grado di Palermo. L’unico al momento a salvarsi è Daidone, presidente della commissione Bilancio siciliana e meloniano doc. Oggi sono state pubblicate le motivazioni della sentenza della corte di appello di Palermo, del 7 febbraio scorso, che hanno ribaltato il giudizio di primo grado che aveva accolto il ricorso di Carmelo Nicotra, assistito dall’avvocato Paolo Starvaggi. Adesso si andrà tutti davanti i giudici supremi.
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