Il Revenge Bedtime Procrastination è una vera e propria forma di «rivalsa notturna» che racconta il bisogno di tempo per sé, senza obblighi e intromissioni. Ma è la scelta giusta?
La notte cala e, contro ogni buon senso, decidiamo di restare svegli. Non si tratta di insonnia, né di urgenze di lavoro da gestire: il momento del sonno viene rimandato perché abbiamo voglia di ritagliarci tempo off duty esclusivamente per noi stessi. Ore silenziose rubate alla frenetica routine quotidiana, un gesto di rivalsa quando le giornate sono fagocitanti. Si tratta di Revenge Bedtime Procrastination, il fenomeno che trasforma la mancanza di sonno in un atto di autodeterminazione. Scrolliamo, guardiamo serie tv, chattiamo, ascoltiamo musica… Il tutto per riconquistare un frammento di libertà che la vita diurna troppo spesso ci nega. Psicologi e sociologi osservano il fenomeno della Revenge Bedtime Procrastination con crescente attenzione. Rubare ore al sonno notturno diventa una strategia inconsapevole per sentirsi vivi quando tutto intorno sembra programmato. Approfondiamo con l’esperta.
Revenge Bedtime Procrastination: cosa nasconde e perché è così comune oggi
Maria Korneeva
La Revenge Bedtime Procrastination non è semplice pigrizia: è un fenomeno psicologico in crescita, nato in Cina con il termine bàofùxìng áoyè, letteralmente «procrastinazione del sonno per vendetta».
«Rimandare il momento in cui si andrà a dormire per reclamare ore di libertà personale, sottratte durante il giorno a causa di lavoro, obblighi familiari o impegni incessanti. È a tutti gli effetti un meccanismo di coping», spiega la dottoressa Beatrice Casoni, psichiatra presso Poliambulatorio Erresse di Ferrara. «Un modo per gestire lo stress e la deprivazione emotiva. Tuttavia, pur offrendo sollievo temporaneo, la Revenge Bedtime Procrastination compromette la qualità del sonno e aumenta il rischio di stanchezza cronica e disturbi dell’umore. In altre parole, restare svegli diventa una forma di autodeterminazione notturna, ma con costi fisiologici e psicologici evidenti: il cervello può imparare a rimandare il riposo, destabilizzando l’equilibrio tra veglia e sonno», sottolinea Casoni.
Perché la notte diventa un rifugio e il non dormire diventa una forma di riscatto personale
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