Trentino Alto Adige/Suedtirol

«Il nostro Simone morto per i ritmi infernali dei corrieri» – Bolzano



BOLZANO. «Sfrecciano a tutta velocità perché sono costretti a completare decine e decine di consegne al giorno. Così è morto Simone: per un pacco. Un pacco che quella maledetta mattina doveva essere consegnato in fretta». È la voce di Rosy Picone, una madre di Palermo che lunedì 3 marzo ha perso il figlio di 19 anni sulla strada statale della Val d’Ega.

L’impatto fatale è avvenuto contro un furgoncino che ha invaso la corsia opposta, centrando in pieno l’auto con a bordo tre ragazzi. «Ora però bisogna reagire – interviene il padre, Ferdinando Napoli – e contribuire ad evitare altre tragedie. Andremo nelle scuole, a parlare con i ragazzi, ma soprattutto dentro le aziende. Vogliamo portare la nostra testimonianza ai corrieri, che ogni giorno sono sulle strade, e ai loro datori di lavoro. In qualche modo questi ritmi infernali a cui sono sottoposti devono essere rivisti. Perché non si può morire per un pacco».

Ieri si sono svolti i funerali a Palermo. Simone Napoli, 19 anni, di origini siciliane e appena diplomato alla scuola alberghiera, aveva scelto il Trentino per la sua prima vera esperienza da cuoco. Da qualche settimana era stato assunto come chef stagionale all’Hotel delle Alpi, a Moena. Quella mattina però gli era stato concesso un giorno libero che, casualmente, coincideva con il riposo del fratello maggiore, Tommaso, 25 anni, insegnante di cucina in una struttura a Cortina d’Ampezzo.

Prima della tragedia

«Quella mattina – prosegue il padre, che lavora al ristorante “Giardini del Massimo” di Palermo – si sono incontrati perché dovevano ritirare la nuova giacca da chef che avevo regalato a Simone. Tommaso aveva proposto al fratellino di restare a casa e trascorrere la giornata assieme. Ma Simone aveva altre idee: voleva a tutti i costi andare a Bolzano a mangiare da “Kfc” (fast food del Twenty, ndr). E Tommaso, che era il suo punto di riferimento, non se l’è mai sentita di contraddirlo». Così partono verso valle, a bordo di un’Alfa Romeo, lungo la strada statale. Con loro, seduta sul sedile del passeggero, anche la fidanzata di Tommaso, Roberta. I tre raggiungono l’abitato di Ponte Nova, dove c’è una leggera curva verso sinistra seguita da un rettilineo. È lì che accade tutto, a pochi metri dalla fermata dell’autobus. A un certo punto, senza poterci fare nulla, i giovani si trovano improvvisamente davanti ad un furgoncino. È condotto da un cittadino tunisino, 30 anni, dipendente di un’azienda di trasporto che lavora per conto di un’altra ditta locale. Conosce la strada a memoria: ogni giorno, da diversi mesi, effettua consegne nella zona di Obereggen.

La chiamata ai genitori

Il frontale è violentissimo: Simone Napoli muore sul colpo. «I medici hanno tentato in tutti i modi di rianimarlo, ma lo sforzo è stato vano. Tommaso, in quel momento, ha avuto la forza di dire ai carabinieri che voleva essere lui a comunicarci la scomparsa. Ci è crollato il mondo addosso», aggiunge il padre che il giorno stesso, assieme alla moglie, ha preso il primo aereo per Verona. In serata erano già all’ospedale di Bolzano. «Roberta se l’è la cavata con qualche graffio – aggiunge Rosy Picone – ma ha avuto un importante contraccolpo psicologico. Non riesce a dormire, non vuole più salire su una macchina. È traumatizzata: prima dello schianto si era girata verso Simone per dirgli una cosa. Poi il buio. Si dà la colpa di non averlo protetto. Era come un fratello per lei». Decisamente più grave la diagnosi di Tommaso Napoli. È stato sottoposto a una delicata operazione chirurgica all’intestino. «È vivo grazie ai medici di Bolzano. Dei professionisti con un’empatia enorme, contrariamente a quanto si dice delle persone del nord. Questa volta hanno avuto più cuore dei siciliani», sottolinea Rosy.



(Una foto della famiglia Napoli, Simone, il fratello Tommaso, la madre Rosy e il padre Ferdinando)

Il ricordo

Quando ai due genitori viene chiesto che ragazzo fosse Simone, sale la commozione. «Era uno scout, amava giocare alla Playstation e aveva la passione per il ciclismo. Con i primi guadagni si era comprato una bicicletta. La cucina riempiva le sue giornate. Una passione che gli è stata tramandata da noi e che svolgeva con grande impegno. Cosa gli riusciva meglio? Gli antipasti». E con il fratello Tommaso erano un tutt’uno: «Mai un diverbio tra loro. Se la mamma e il papa litigavano facevano squadra per dividerci», dice commosso papà Ferdinando.

La battaglia

La famiglia Napoli è tornata a Palermo lo scorso fine settimana. Ieri pomeriggio (20 marzo) l’ultimo saluto a Simone nella Chiesa parrocchiale di Maria santissima. Ma per conservarne la memoria nel tempo i genitori hanno deciso di cominciare una battaglia. «Ci siamo già rivolti a varie associazioni – confermano – che si occupano di vittime sulla strada. Quando capiremo a quale affidarci, allora partiremo con le donazioni. Anche piccole cifre ciascuno, ma dobbiamo evitare che ci siano altri Simone. Mai avremmo pensato di affrontare un dramma del genere. Viviamo in una città con una densità di traffico notevole. In Alto Adige, invece, la possibilità di sfrecciare, soprattutto sulle strade statali, è notevole». Il riferimento è soprattutto ai furgoncini che si occupano delle consegne. Una vita caotica, quella dei corrieri. A volte forse fin troppo.La Procura ha aperto un’indagine per omicidio stradale. «Di questo – conclude Ferdinando Napoli – si occuperanno i nostri avvocati. Dispiace però non aver ricevuto nemmeno un messaggio di sostegno da parte del conducente o della sua azienda…».




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