“Il cinema serve per trovare soluzioni tra comunità” [INTERVISTA] – Torino Oggi
Il premio Oscar Asif Kapadia ospite del Festival CinemAmbiente 2025 con il suo ultimo film, “2073 – Ultima chiamata”.
Un’opera ambientata in un futuro non troppo lontano in cui l’umanità fa i conti con le sue scelte sociali, ambientali e politiche.
“È un film che ho scritto, prodotto e diretto. Sono molto emozionato di presentarlo qui a Torino in chiusura del Festival. Parla dello stato del mondo sul clima, sulla politica, sulla tecnologia e sulla sorveglianza. È l’espressione della preoccupazione personale su quello che sta succedendo. La domanda che mi faccio è: il mondo è impazzito o sono io che lo sto diventando?”
La proiezione del docu-film con protagonista Samantha Norton sarà in anteprima al festival questa sera alle ore 21 al Cinema Massimo.
“Per me questo film è un registro di quello che è successo negli ultimi dieci anni. È come una capsula del tempo. Il cinema ha davvero sofferto negli ultimi dieci anni, soprattutto per via dello streaming. Io amo il cinema in sala, per me è importante andare ai festival, vedere il film sul grande schermo, con altre persone e poi parlare di quello che abbiamo visto insieme. In questo modo si può parlare per trovare una soluzione. Quando sei da solo pensi che non puoi fare niente, se sei con altre persone puoi pensare a risolvere i problemi. La speranza è che il film giri il mondo e venga visto da più persone per condividere soluzioni tra le comunità. Sono le comunità, che le devono trovare”.
Kapasia è stato autore di diversi documentari, come quello su Ayrton Senna e quello su Amy Winehouse che gli è valso l’Oscar. “Cerco sempre una storia da raccontare, ma in un modo diverso. Il mio primo film è stato un western, ma ambientato in India. Anche nei miei documentari cerco sempre di far sembrare che sia un film di finzione. Mi piace trovare cose nuove e girarle al contrario. In 2073 ho cercato mixare film e documentari e la sci-fiction. Ho cominciato a pensarci durante il periodo del lockdown, la situazione era distopica davvero. Quello che ho voluta fare è in realtà mescolare film di finzione e documentario in cui però le scene più terribili sono quelle dalla realtà”.
In un certo senso si tratta di un documentario horror. “Questo film è stato molto difficile da realizzare, cupo, spaventoso, tanto che il mio prossimo film sarà completamente diverso. Il fil rouge dei miei lavori è la qualità, la caratteristica dei miei personaggi che sono outsider in lotta contro il sistema corrotto. Se dovessi fare un altro film dell’orrore avrebbe un personaggio così”.
La cura nei dettagli è quello che contraddistingue la mano di Kapadia: “Ci ho messo cinque anni per realizzare 2073, due anni solo di ricerca. Ho intervistato un centinaio di persone da tutto il mondo, professori, artisti, politici, giornalisti, solo per capire cosa stava succedendo nel mondo. Per un anno e mezzo quello che facevamo era controllare tutto quello che stava succedendo nel mondo attraverso i giornali e i social media. Ho messo insieme tutto quello che mi faceva sentire a disagio e poi ho connesso i puntini, eliminando tutto il resto. Ci sono voluti i 2 o 3 anni per mettere insieme la struttura del documentario, solo dopo mi sono dedicato alla storia. Quello che sta succedendo a Gaza e negli USA erano già in corso quando stavo facendo il film, ancora oggi vedo cose che sono potrebbero adattarsi a 2073, sto ancora raccogliendo materiali, insomma, magari ne farò un altro film. Il vero problema è che secondo me andrà molto peggio prima di andare meglio.”
E sul perché di questa precisione nel titolo specifica: “Ho scelto il titolo 2073 perché volevo un anno che non fosse troppo lontano. Volevo immaginare la vita che i miei figli avrebbero avuto alla mia età adesso con l’impatto di quello che abbiamo fatto noi oggi. E poi è circa a cento anni da quando sono nato ed è l’anno in cui è ambiato The Last man di H. G. Wells”.
Kapadia resterà qualche giorno in città e durante il suo soggiorno visitare anche il Museo del Cinema: “Magari tornerò, anche perché devo e voglio fare un film in Italia e potrei prendere ispirazione da Torino”.
Tra i suoi prossimi progetti il premio Oscar sta lavorando a diversi soggetti uno dedicato allo sport, uno a una band musicale e uno alla politica: “Trovo i personaggi reali molto più interessanti che un personaggio inventato. Queste storie sono intellettualmente più interessanti”.