I racconti choc dal Kursk: “La ritirata un massacro”. Zelensky spinge l’esercito

Nei mesi scorsi sia il presidente Zelensky che il Comandante in capo dell’esercito Syrskyj avevano chiesto esplicitamente ai soldati in guerra di evitare la pubblicazione di messaggi sui social. Ufficialmente per non fornire un vantaggio al nemico, in realtà per evitare che uscissero in rete notizie scomode o dissonanti con la narrazione di Kiev.
Le raccomandazioni sono servite a ben poco, anche perché migliaia di ragazzi utilizzano Facebook o Instagram fin dall’inizio del conflitto per tenersi in contatto con le famiglie, o semplicemente per dire a chi soffre da casa «sono ancora vivo».
Ed è proprio attraverso la rete che sono venute a galla tutte le problematiche dell’ultima settimana nel Kursk, quando Kiev sosteneva di poter controllare i russi, mentre l’orso di Mosca stava schiacciando le truppe del maggiore Krasilnikov. Setacciando i profili di questi ragazzi, come ha fatto buona parte dei media internazionali (Bbc in testa), emergono dettagli inquietanti.
«Come un film dell’orrore», scrivono alcuni, e non un ritiro verso posizioni più favorevoli. Parlano così i soldati che scappano dal fronte, dipingendo i dettagli di una fuga catastrofica tra il fuoco incessante, le colonne militari distrutte e gli attacchi continui di droni russi. «La strada utilizzata tra Sudzha e Sumy era relativamente sicura fino a un mese fa – scrive Taras – ora è tutta sotto il controllo del fuoco nemico con droni in volo 24 ore su 24. Abbiamo tutta la logistica lungo la strada e tutti sapevano che i russi avrebbero cercato di tagliarla, ma anche questa volta i nostri comandanti si sono fatti sorprendere».
L’11 marzo la situazione è peggiorata drasticamente, secondo le parole di Anton, soldato impiegato nel quartier generale. «Non sono più possibili consegne organizzate di armi, munizioni, cibo e acqua». In parecchi hanno lasciato Sudzha a piedi di notte, disobbedendo agli ordini. Oleksandr invece parla dei morti: «Troppi fratelli trucidati. È spaventoso. I russi, ma anche i nordcoreani, sono ovunque. Spero di tornare a casa». Nel Kursk, secondo Mosca, si troverebbero in stato di fermo anche 30 ufficiali di carriera della Nato.
E mentre i grandi della terra tentano di mettere a punto un piano di pace o quantomeno negoziale, l’Ucraina pensa a combattere. Il capo dell’ufficio di presidenza, Andriy Yermak, ha affermato che Kiev continuerà a rispondere agli attacchi russi «finché Putin non fermerà la guerra», e Zelensky rivela che è stato testato con successo in combattimento (alla raffineria di Tuapse, nel territorio russo di Krasnodar) il nuovo missile Long Neptune di produzione nazionale con una gittata di 1000 km, in grado di arrivare fino a Mosca.
«I russi hanno lanciato più di 1020 droni d’attacco, quasi 1360 bombe aeree guidate e più di 10 missili di vario tipo. Questo non è certo il comportamento di chi vuole che la guerra finisca il prima possibile», spiega, e intanto, in accordo col ministro della Difesa Umerov, ha nominato il Generale Andrii Hnatov Capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate. Sarà il braccio destro di Syrskyj nelle strategie delle prossime operazioni di campo.
Hnatov dovrà farsi carico della situazione critica negli oblast di Donetsk, dove i russi da Pokrovsk stanno sfondando verso la regione di Dnepropetrovsk, di Zaporizhzhia, con nuovi insediamenti caduti nelle mani del nemico, e di Sumy, accerchiato dai soldati di Mosca.
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