i movimenti per il diritto all’abitare, tornano in piazza contro il piano Gualtieri
Sembrava un dialogo possibile, persino promettente. Dopo anni di tensioni e silenzi, l’avvio del piano strategico per l’abitare, con tanto di acquisizione di nuove case popolari, aveva aperto uno spiraglio tra l’amministrazione Gualtieri e i movimenti per il diritto all’abitare.
Ma oggi quello spiraglio sembra essersi richiuso, bruscamente. E l’aria torna ad essere quella delle vecchie contrapposizioni. Dure, radicali, cariche di accuse.
A una settimana dal corteo indetto per il 15 maggio, Asia Usb e numerosi collettivi hanno alzato il tono della protesta. Non più Campidoglio nel mirino, ma direttamente l’assessorato all’Urbanistica, guidato da Maurizio Veloccia.
L’obiettivo? Contestare duramente le ultime scelte urbanistiche dell’amministrazione, accusata di “aver seppellito il piano casa sotto un milione di metri cubi di cemento”.
Nel mirino c’è il recente bando sulle compensazioni urbanistiche e la modifica delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore, provvedimenti che – secondo i movimenti – daranno il via libera a nuove costruzioni commerciali e turistiche a uso privato, alimentando la spirale speculativa e ignorando i bisogni reali della città. “La rigenerazione urbana così com’è concepita – attaccano – è una parola svuotata di senso, una copertura per cedere pezzi di città al mercato”.

A poco sembrano servire, per chi manifesta, i segnali di apertura come la regolarizzazione di storiche occupazioni a scopo abitativo, da Metropolitz al Porto Fluviale. “Non basta un murale o una vetrina pubblica come ‘All we need is home’ – dicono – quando poi si incontrano i costruttori e si ignorano le voci della città pubblica”.
Accuse pesanti che non arrivano solo dai collettivi storici, ma anche da ambienti insospettabili come la Soprintendenza, che ha espresso perplessità sull’orientamento troppo “privatistico” delle nuove regole urbanistiche. Un richiamo che, secondo i critici, è stato liquidato con troppa leggerezza.
Così, mentre Roma si prepara a grandi eventi e trasformazioni, una parte della città si sente tagliata fuori, tradita nei suoi bisogni più urgenti: casa, servizi, dignità. E torna a far sentire la propria voce dove si prendono le decisioni. Anche stavolta in corteo, anche stavolta sotto lo stesso cielo sempre più affollato di gru.
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