Marche

«I cittadini devono poter vedere le immagini»


SAN BENEDETTO «La sicurezza dei cittadini passa attraverso il rispetto del lavoro delle Istituzioni e di chi le rappresenta: risorse ed organizzazione del lavoro sono le priorità fondamentali per la tutela degli operatori». Interviene il Sindacato unitario dei lavoratori della polizia sull’aggressione del 7 febbraio alla poliziotta amputata a un dito per morso di una persona fermata per accertamenti e ritenuto da una perizia non in grado di intendere.

Il rispetto

Spiega il segretario Benedetto – Fanesi: «Il Siulp ha pieno rispetto per la magistratura e, per tale motivo, non entra nel merito delle indagini perché non conosce gli elementi oggettivi che fanno parte dell’inchiesta e non si addentra neanche a commentare l’esito della perizia disposta dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ascoli Piceno perché non ne ha le capacità tecniche; ritiene, però, che l’opinione pubblica abbia diritto di vedere le immagini dell’aggressione, una volta concluse le indagini, perché una cosa è parlare di aggressioni e ben altra vedere con i propri occhi cosa debbono subire i poliziotti».

L’affondo

In questa vicenda Fanesi invita a riflettere sul funzionamento del sistema che dovrebbe garantire il lavoro delle forze dell’ordine «perché – dice – serve introdurre nuovi strumenti normativi». Il Siulp anticipa quindi che incontrerà il questore, ribadendo la necessità di attenzione e supporto al commissariato di San Benedetto. Se ne attende infatti l’elevazione ma intanto per il sindacato è necessario intervenire sull’organico e sui mezzi in dotazione, l’aggregazione di personale dalla questura del capoluogo Piceno oppure la valutazione di convogliare una seconda volante in Riviera, visto l’arrivo dell’estate, è la principale forma di tutela dell’incolumità sia dei cittadini e personale su strada. «Non tollereremo più le sottovalutazioni operative del passato, che venga distolto il personale del Commissariato ad altre incombenze o che per garantire la volante il collega sia costretto a fare il “doppio turno”».




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