Basilicata

Guardavalle Marina, ennesimo morto sul lavoro: i sindacati: «inaccettabile»

Il Quotidiano del Sud
Guardavalle Marina, ennesimo morto sul lavoro: i sindacati: «inaccettabile»

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A Guardavalle Marina, l’operaio 60 enne Antoni Demasi è morto sul lavoro mentre tinteggiava da solo le pareti della vasca del al depuratore. La Cgil chiede giustizia e sicurezza sul lavoro dopo la tragica caduta: «E’ inaccettabile».


GUADAVALLE MARINA- «La tragica morte di Antonio Demasi, operaio di sessant’anni deceduto sul lavoro al depuratore comunale di Guardavalle Marina, impone un momento di profonda riflessione, ma soprattutto un’assunzione di responsabilità collettiva. Antonio è morto mentre lavorava, da solo, in un impianto complesso e potenzialmente pericoloso. È stato ritrovato solo perché i familiari, preoccupati per il mancato rientro, hanno deciso di cercarlo. Un fatto che, di per sé, dovrebbe far rumore». Afferma Enzo Scalese, segretario generale della CGIL Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo.

E, a Guardavalle Marina da giorni c’è un dolore che si stringe alla gola e un silenzio assordante che avvolge la comunità. Un dolore fatto di domande e di una tristezza che trafigge, dopo la tragica morte di Antonio Demasi, operaio sessantenne, deceduto mercoledì 12 giugno 2025, mentre lavorava da solo al depuratore comunale. Antonio è morto nel suo luogo di lavoro, in un impianto dove, a quanto pare, stava tinteggiando le pareti di una vasca dell’impianto. Probabilmente è caduto da una scala, da un’altezza di circa quattro metri. Ma, con lui, non c’era nessuno. Nessuno ad assisterlo, a soccorrerlo. Nessuno a chiamare aiuto.

Il suo corpo è stato scoperto intorno alle 19 di mercoledì. Non da colleghi al termine di un turno, ma dai suoi familiari. Erano preoccupati per quel mancato rientro a casa, per quel telefono che squillava a vuoto. E cosi, si sono recati direttamente all’impianto per cercarlo. Lì, la scoperta più drammatica: Antonio giaceva a terra, privo di vita. I Carabinieri della Compagnia di Soverato, insieme ai tecnici del Nisa e dello Spisal, hanno avviato le indagini per ricostruire la dinamica di quanto accaduto, ma la prima e dolorosa certezza è che Antonio era solo.

INCIDENTI SUL LAVORO: «OPERAIO MORTO MENTRE LAVORAVA DA SOLO AL DEPURATORE DI GUARDAVALLE MARINA, NON SOLO UNA FATALITÀ: UN SISTEMA CHE HA FALLITO»

«Non è solo una fatalità: è il risultato di una cultura ancora troppo debole sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di una gestione organizzativa che spesso non tiene conto dei rischi reali, della tendenza a considerare la sicurezza un costo e non un diritto. Quando un lavoratore viene lasciato da solo ad operare in simili condizioni, il sistema ha già fallito». Afferma ancora Scalese.

«Come Cgil Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo esprimiamo cordoglio e vicinanza alla famiglia di Antonio, ma non possiamo limitarci al solo sentimento. Serve un salto di qualità nelle politiche pubbliche e nelle prassi aziendali in materia di sicurezza: la prevenzione deve diventare parte strutturale dell’organizzazione del lavoro, soprattutto nei servizi pubblici gestiti in appalto o affidati a imprese esterne – si legge ancora nella nota -. Chiediamo che venga fatta piena luce su quanto accaduto e che le responsabilità siano accertate con rigore. Ma chiediamo anche che si apra un confronto vero – tra istituzioni, enti locali, aziende e parti sociali – per garantire che tragedie come questa non si ripetano. Il tema della sicurezza non può restare materia da commemorazioni o slogan, deve diventare una priorità concreta e quotidiana dell’agenda politica e amministrativa».

APPELLO AL PREFETTO: UN PATTO TERRITORIALE PER LA SICUREZZA

«Sollecitiamo il prefetto di Catanzaro, che nei mesi scorsi ha presieduto il tavolo regionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro con i rappresentanti del mondo delle imprese, dei sindacati, l’Ispettorato del lavoro, Inail, Inps, Spisal, i rappresentanti degli enti territoriali e i vertici provinciali delle forze dell’ordine a riprendere il percorso di confronto e condivisione per lavorare concretamente al Patto territoriale di comunità contro gli infortuni sul lavoro e per una maggiore sicurezza». «Ogni morte sul lavoro – conclude Scalese- è una sconfitta per lo Stato, per l’impresa, per la comunità. Morire sul lavoro è inaccettabile. Morire da soli, nel silenzio di un impianto industriale, lo è ancora di più. A noi il dovere di non restare indifferenti».

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